Nell'incontro informativo on line del 5 maggio (“Salute e sicurezza sul lavoro: misure di prevenzione e responsabilità del datore di lavoro e della struttura organizzativa nella fase 2 della pandemia da COVID-19”), uno dei quesiti di maggiore interesse da parte dei partecipanti ha riguardato l'equiparazione della "malattia COVID-19" a "infortunio sul lavoro"; si tratta di un tema che necessita di approfondimenti specifici ed è oggetto di analisi e dichiarazioni di natura giuridica e legislativa.
INAIL si è pronunciata con documenti specifici nel merito e l'articolo 42 del "Decreto Cura Italia" conferma i principi generali applicati per il riconoscimento delle prestazioni a favore di tutti i lavoratori in caso di infortunio, anche per i contagi da COVID-19.
Tuttavia, permane l’esigenza, da parte delle imprese di comprendere bene la portata di queste disposizioni in riferimento a eventuali futuri interventi sulla responsabilità del datore di lavoro, e quindi di avere indicazioni precise.
In questa direzione, si può annoverare "L’interrogazione a risposta immediata” presentata il 5 maggio 2020 in Commissione XI (Lavoro pubblico e privato), di cui si riporta uno stralcio.
"(...) Con il presente atto parlamentare, l'Onorevole interrogante richiama l'attenzione sulla presunta scarsa chiarezza dell'articolo 42 del decreto-legge 18 del 2020 in ordine all'equiparazione della malattia da Coronavirus all'infortunio sul lavoro ai fini della tutela INAIL.
Va precisato che, la disposizione contenuta nell'articolo 42, secondo comma del decreto-legge «Cura Italia» ha, anzitutto, una portata chiarificatrice finalizzata ad indirizzare, l'azione dei medici certificatori e dei datori di lavoro, con lo scopo di erogare velocemente le prestazioni agli infortunati vittime del contagio, evitando disguidi e sovrapposizioni di competenze.
Nel merito, si evidenzia che l'articolo 42 citato, non modifica, anzi conferma, anche per i contagi da nuovo coronavirus, i principi generali applicati per il riconoscimento delle prestazioni a favore di tutti i lavoratori in caso di infortunio, ciò al fine di evitare ogni possibile discriminazione.
Infatti (…) l'INAIL tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l'aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, attraverso una equiparazione della causa virulenta a quella violenta.
La disposizione in esame, riafferma da un lato il consolidato indirizzo giurisprudenziale e chiarisce che la tutela assicurativa INAIL, spettante nei casi di contrazione di malattie infettive e parassitarle negli ambienti di lavoro e/o nell'esercizio delle attività lavorative, opera anche nei casi di infezione da nuovo coronavirus.
Per quanto riguarda la verifica che l'infezione da coronavirus sia avvenuta effettivamente sul luogo di lavoro, si fa presente che tale circostanza viene ricostruita dall'INAIL attraverso un accertamento medico-legale che consente comunque di utilizzare un onere probatorio semplificato.
A ciò va aggiunto che in data 24 aprile 2020 è stato integrato il «Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e di contenimento della diffusione del virus da Covid-19 negli ambienti di lavoro», sottoscritto il 14 marzo 2020 tra le parti sociali ed il Governo e che, come noto, contiene linee guida per agevolare le imprese nelle adozione di norme di sicurezza anti-contagio nei luoghi di lavoro. Al fine di perseguire l'obiettivo di coniugare la prosecuzione delle attività lavorative con la garanzia di condizioni di lavoro sicure è previsto che alla mancata attuazione del Protocollo che non assicuri adeguati livelli di protezione per il lavoratore consegue la sospensione dell'attività.
(…)Per quanto riguarda le conseguenze per i datori di lavoro cui fanno riferimento gli odierni interroganti, si può ritenere che la diffusione ubiquitaria del virus Sars-CoV-2, la molteplicità delle modalità e delle occasioni di contagio e la circostanza che la normativa di sicurezza per contrastare la diffusione del contagio è oggetto di continuo aggiornamento da parte degli organismi tecnico-scientifici che supportano il Governo, rendono particolarmente problematica la configurabilità di una responsabilità civile o penale del datore di lavoro che operi nel rispetto delle regole.
Una responsabilità sarebbe, infatti, ipotizzabile solo in via residuale, nei casi di inosservanza delle disposizioni a tutela della salute dei lavoratori e, in particolare, di quelle emanate dalle autorità governative per contrastare la predetta emergenza epidemiologica.
Sull'esonero della responsabilità, peraltro, l'articolo 42 del decreto-legge n. 18 del 2020 è in parte già intervenuto in ambito assicurativo, prevedendo l'esclusione dei casi riconosciuti di malattia da coronavirus dal bilancio infortunistico dell'azienda.”
Quanto riportato delinea che la copertura assicurativa non comporta un incremento delle responsabilità datoriali, che restano residuali e, comunque, connesse alla mancata attuazione delle misure anti-contagio.
Il tema, di particolare rilevanza, verrà monitorato da Assolombarda e sarà oggetto di un approfondimento specifico in un incontro on line programmato per il 27 maggio 2020: clicka qui per iscriverti
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