PEC inviata ad indirizzo sbagliato: l’errore può essere sanato?

La piattaforma per l’invio delle offerte non funziona: ok alla PEC ma attenzione all’indirizzo, l’errore in questo caso non è sanabile.

Il caso

 

Non è infrequente che le piattaforme informatiche per l’invio delle offerte presentino comprovati malfunzionamenti che impediscono il rispetto dei termini di invio delle offerte medesime.

 

Come approfondito in altre informative alle imprese che abbiamo pubblicato, uno dei principi guida per vedere tutelate le ragioni dell’operatore economico si sostanzia nella diligenza di quest’ultimo in ossequio al canone della c.d. massima partecipazione: se l’operatore è stato diligente nell’eseguire per tempo le operazioni necessarie all’infruttuosa presentazione dell’offerta e a segnalare tempestivamente e comprovare i malfunzionamenti della piattaforma, allora le sue ragioni possono – eventualmente al ricorrere di ulteriori presupposti – trovare forme di tutela, favorendosi in questo modo la massima partecipazione alla procedura.

 

Il caso affrontato recentemente dal T.A.R. Puglia, Lecce, sentenza n. 1321 del 28 novembre 2024, nel ribadire tale principio, declina l’obbligo di diligenza in una direzione ulteriore.

 

A fronte di un comprovato errore bloccante del sistema informatico da utilizzare, l’Amministrazione di riferimento proroga i termini assegnando all’operatore economico un breve lasso di tempo per la trasmissione della documentazione necessaria tramite PEC.

 

L’operatore invia la documentazione con PEC erroneamente ad un indirizzo di posta elettronica certificata non corrispondente a quello dell’Amministrazione, senza avvedersi dell’errore commesso. L’Amministrazione, dato il mancato rispetto dei termini stabiliti, esclude l’operatore, che fa ricorso adducendo la soccorribilità dell’errore commesso.

 

La decisione

 

I Giudici convalidano l’operato dell’Amministrazione, basando la propria decisione su un duplice ordine di considerazioni connesse tra loro.

 

Da una parte, l’errore commesso dall’operatore è risultato dovuto alla negligenza del ricorrente stesso e, come tale, non scusabile: l’impresa, infatti, non si era assicurata al momento dell’invio della PEC della corretta digitazione dell’indirizzo del destinatario (chiaramente indicato dall’Amministrazione) né aveva verificato l’esito dell’invio stesso. Operazioni, queste ultime, che non richiedono sforzi particolari, con la conseguenza che la loro omissione rivela una marcata assenza di diligenza.

 

Dall’altra parte, i Giudici osservano come nel caso di specie il principio di massima partecipazione vada contemperato con altri principi propri del Codice Appalti Pubblici, quali specificamente quello della parità di trattamento tra operatori interessati all’avviso pubblico e di certezza delle situazioni giuridiche; tali principi postulano la previsione di termini procedimentali perentori non derogabili, specie in casi in cui l'operatore non è stato diligente.

 

In conclusione, errori considerati spesso banali, quali l’errore di digitazione di un indirizzo PEC, secondo la pronuncia commentata non risultano scusabili in quanto espressione di una mancata diligenza, che non può trovare forma di tutela.

 

La sentenza sopra indicata è stata estratta dal sito https://www.giustizia-amministrativa.it/ dove è altresì consultabile. È escluso ogni utilizzo della documentazione per finalità commerciali.

 

Contatti

Informazioni e chiarimenti possono essere richiesti all’Area Affari Legali e Statutari, tel. 02‑58370.240/319 - e-mail:  appaltipubblici@assolombarda.it

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