Rassegna della Giurisprudenza Tributaria n. 3 del 2018
Pubblicazione delle principali pronunce giudiziali in materia tributaria. Settembre-Dicembre
IMPOSTE SUL REDDITO E IRAP
Cassazione, Ordinanza 1 ottobre 2018, n. 23698/2018
I costi per le consulenze infragruppo sono indeducibili in mancanza di inerenza certa
I costi di consulenza addebitati dalla capogruppo alla controllata non possono essere considerati legittimi solo sulla base di un’espressa pattuizione nel contratto stipulato tra le due società.
In particolare, la Corte ha ravvisato la violazione dell’art. 109 del TUIR, in cui è statuito che tutti i componenti del reddito d’impresa devono essere certi e di ammontare determinabile in maniera obiettiva e i componenti negativi devono possedere l’ulteriore requisito dell’inerenza, cioè devono avere un nesso di effettiva funzionalità rispetto alla produzione dei ricavi.
Infatti, nel caso di specie non è stata prodotta idonea documentazione volta ad attestare l’effettiva esistenza ed inerenza dei costi per i servizi di consulenza resi dalla capogruppo, in quanto la sola fatturazione degli importi non è sufficiente ad attestare il compimento di tale prestazione di servizi, nonché l’inerenza funzionale dei medesimi ad apportare utilità all’attività d’impresa svolta dalla società.
Testo integrale della sentenza
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Cassazione, Ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27621/2018
Non può essere compensato il credito da imposte dirette derivante da una dichiarazione omessa
Il credito indicato in una dichiarazione omessa (trasmissione tardiva oltre i 90 giorni dalla scadenza), relativa ad imposte dirette, non può essere utilizzato in compensazione con le imposte derivanti dalla dichiarazione dell’anno d’imposta successivo.
La Corte fonda il proprio giudicato sul fatto che il Legislatore ha espressamente legittimato la possibilità di recuperare le imposte a debito dichiarate dal contribuente in una dichiarazione precedentemente omessa, invece non ha previsto alcuna espressa soluzione normativa in merito alla possibilità di utilizzare le eccedenze a credito in compensazione.
Testo integrale della sentenza
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Cassazione, Ordinanza 30 novembre 2018, n. 31031/2018
I costi per le auto aziendali ad uso promiscuo sono indeducibili se tali mezzi non sono indispensabili all'impresa
I costi sostenuti in relazione alle auto aziendali ad uso promiscuo sono indeducibili, a meno che la società non provi che tali mezzi siano indispensabili allo svolgimento dell’attività d’impresa.
Al fine di ottenere l’integrale deducibilità per tali mezzi, l’impresa dovrà dimostrare l’esclusiva strumentalità del bene acquistato all’esercizio d’impresa.
La Corte afferma che deve essere valorizzato il fatto che la presenza dell’autoveicolo sia indispensabile, che il mezzo sia esclusivamente utilizzato per lo svolgimento dell’attività d’impresa, nonché il contribuente sia in grado di dimostrare la sussistenza di tali due aspetti.
Testo integrale della sentenza
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CTR Emilia Romagna, Sentenza 10 luglio 2018, n. 1841/13/2018
Il prestito alla capogruppo in stato di crisi non consente la deducibilità della perdita su crediti
Qualora una controllata effettui un finanziamento nei confronti della propria capogruppo in situazione di difficoltà economica non potrà dedursi la perdita su crediti che eventualmente sorgerà, in ragione della mancanza di inerenza dell’erogazione, in quanto non deriva un’utilità imprenditoriale da tale scelta gestionale della capogruppo.
Testo integrale della sentenza
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CTR Lombardia, Sentenza 11 settembre 2018, n. 3749/16/2018
TFM deducibile senza limitazioni
L’indennità di fine mandato corrisposta agli amministratori (TFM) rappresenta un costo deducibile in via integrale, in quanto non rilevano i limiti posti dalla normativa civilistica e fiscale per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori subordinati (TFR).
Il principio espresso nella sentenza afferma che per la determinazione dell’importo deducibile del TFM non è possibile fare riferimento alla disciplina normativa utilizzata per il TFR dei lavoratori dipendenti, ma sarà necessario applicare quanto previsto nelle diverse disposizioni legislative e contrattuali relative al rapporto tra amministratori e società (artt. 2364 e 2389 cod.civ.).
In conseguenza di quanto richiamato a livello civilistico, ne deriva che il TFM è deducibile dal punto di vista fiscale per quota stabilita per anno sulla base del principio di competenza (art. 105 del TUIR), in quanto non assimilabile ad un rapporto di lavoro subordinato ma inquadrabile a livello giuridico meramente come un rapporto di mandato.
Testo integrale della sentenza
IMPOSTE INDIRETTE E IVA
Corte di Giustizia UE, Sentenza 21 novembre 2018, Causa C-664/16
Detrazione IVA non ammessa se la fattura è illeggibile
Un soggetto passivo che non sia in grado di fornire la prova dell’importo dell’IVA assolta a monte, per mezzo di fatture o di un altro documento, non può esercitare la detrazione dell’IVA unicamente sulla base di una stima risultante da una perizia disposta dal giudice nazionale.
La Corte afferma che, seppur l’amministrazione finanziaria non possa negare a priori la detraibilità dell’IVA soltanto sulla base del mancato rispetto dei requisiti formali della fattura nel caso in cui disponga dei mezzi per verificare la sussistenza dei requisiti sostanziali dell’operazione, sul soggetto passivo grava l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni per poter legittimamente esercitare la detrazione IVA.
In particolare, il contribuente deve fornire una prova oggettiva documentale che attesti l’importo dell’IVA assolta a monte, attraverso fatture o altri documenti equipollenti.
Pertanto, nel caso di specie, la presentazione di una mera stima basata su una perizia disposta dal giudice nazionale, non essendo un documento equipollente alla fattura, non può formare oggetto della prova, in quanto può soltanto integrare o avvalorare tali prove.
Testo integrale della sentenza
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Corte di Giustizia UE, Sentenza 19 dicembre 2018, Causa C-422/17
Per le agenzie di viaggio soggette al regime del margine è dovuta l'IVA anche sugli acconti incassati se i servizi turistici sono già individuati al momento di tale pagamento
La Corte ha precisato che quando un’agenzia di viaggio, assoggettata al regime speciale del margine, incassa un acconto sul pagamento di servizi turistici che fornirà al viaggiatore, l’IVA è esigibile a partire dal momento dell’incasso dell’acconto, a condizione che i servizi turistici da fornire siano individuati con precisione in tale momento.
In particolare, affinché l’IVA diventi esigibile in tali circostanze è necessario che gli elementi qualificanti del fatto generatore (cioè della futura prestazione) siano già conosciuti, ossia che al momento del versamento dell’acconto i servizi siano individuati con precisione (come ad es. nel caso di un viaggio prenotato per una certa data verso un determinato Paese).
Infatti, la Corte ha motivato specificando che il regime applicabile alle agenzie di viaggio non rappresenta un regime tributario ed esaustivo, ma si pone meramente in deroga ad alcune norme dell’impianto generale della disciplina IVA, da cui ne consegue che le altre norme di tale sistema generale dell’imposta sono applicabili anche alle agenzie di viaggio.
Da tale assunto si determina l’applicabilità ai soggetti in esame di tutte le disposizioni generali IVA, ad eccezione di quelle che disciplinano il luogo di imposizione, il calcolo della base imponibile dell’imposta e la detraibilità della stessa.
Pertanto, le regole generali sul fatto generatore e sull’esigibilità dell’imposta per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rientranti nelle operazioni soggette al regime speciale del margine restano applicabili anche alle operazioni compiute in tale regime dalle agenzie di viaggio.
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Cassazione, Ordinanza 24 agosto 2018, n. 21104/2018
Frodi Carosello IVA: inversione dell'onere della prova in capo al contribuente
Nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, l’amministrazione finanziaria è tenuta a provare che il soggetto formale emittente non è reale ed ha natura di interposto o “cartiera” e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva nel contesto di un’evasione d’imposta, anche solo sulla base di presunzioni.
Nella circostanza in cui tale eventualità sia dimostrata dall’Ufficio, si determina l’inversione dell’onere della prova, che graverà in capo al contribuente.
L’ordinanza in oggetto si sofferma, in maniera molto analitica, nella descrizione degli elementi probativi necessari al fine di dimostrare o contestare l’evasione IVA derivante da una frode carosello, stabilendo il soggetto su cui ricade l’onere della prova al verificarsi di diverse specifiche situazioni.
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Cassazione, Ordinanza 13 settembre 2018, n. 22332/2018
Detraibile l'IVA sulla vacanza offerta ai figli dei dipendenti
Le spese sostenute dall’impresa per il soggiorno estivo dei figli dei dipendenti, per la formazione del personale di altre società del gruppo e per il trasporto del personale possono essere detratte ai fini IVA. In particolare, la Corte ha motivato tale orientamento affermando che i costi sostenuti per i servizi offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti presentano un nesso economico con il complesso delle attività svolte dall’azienda. Ciò in quanto tali spese sono effettuate per l’acquisizione di prestazioni accessorie rispetto alle esigenze d’impresa, che assumono rilevanza in qualità di spese generali connesse al complesso delle attività economiche del soggetto passivo.
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Cassazione, III Sezione Penale, Sentenza 25 settembre 2018, n. 41229/2018
Il credito IVA non è compensabile con una dichiarazione precedente omessa ed integra il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti
Secondo la Cassazione, l’utilizzo in compensazione di un credito IVA, derivante dalla dichiarazione omessa nel precedente periodo d’imposta, non rappresenta una facoltà ammessa, in quanto la mancata presentazione è idonea ad impedire l’effettuazione di qualsiasi tipo di controllo sull’effettiva esistenza del credito, non consentendo di procedere alla sua qualificazione come tale e quindi di verificarne la relativa spettanza.
Pertanto, il principio sancito dalla Corte è che l’omessa presentazione della dichiarazione configura una condizione ostativa alla possibilità di compensare il credito, inoltre le ulteriori e diverse eventuali comunicazioni di tipo fiscale inviate da parte del contribuente non hanno alcuna rilevanza a tal fine.
Dal punto di vista penale, la Corte ha ravvisato l’integrazione del reato di indebita compensazione di crediti non spettanti.
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Cassazione, III Sezione Penale, Sentenza 3 ottobre 2018, n. 43627/2018
Il credito IVA compensato, ma derivante da un'omessa dichiarazione, integra il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti
Il credito IVA compensato, ma derivante da un’omessa dichiarazione, integra il reato di indebita compensazione di crediti inesistenti
Il caso di specie riguarda la medesima fattispecie illustrata nella sentenza della Cassazione n. 41229/2018 (illustrata sopra).
In tale sentenza, però, la Corte afferma che l’utilizzo in compensazione di un credito derivante da una dichiarazione omessa non integra un mero reato di indebita compensazione di crediti non spettanti, ma costituisce, invece, il più grave reato di indebita compensazione di crediti inesistenti.
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Cassazione, Sentenza 13 dicembre 2018, n. 32257/2018
Se la dichiarazione d'intento esiste, ma è falsa, oppure il cedente è consapevole della sua falsità, l'operazione va fatturata con IVA
Qualora la dichiarazione d’intento esista, ma sia falsa, oppure il cedente sia consapevole della sua falsità, l’operazione dovrà essere fatturata con IVA, anziché in regime di non imponibilità (art. 8, co. 1, lett. c), del DPR 633/1972).
Inoltre, la Corte ha rilevato che la revoca della dichiarazione d’intento, causata dall’inefficacia sopravvenuta della medesima, produce l’effetto di rendere applicabile l’IVA, pertanto risulta necessario fatturare le operazioni successive in regime ordinario.
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CTR Piemonte, Sentenza 10 settembre 2018, n. 1374/01/2018
Legittimo il rimborso del credito IVA, anche se non indicato nel bilancio di liquidazione
Il diritto al rimborso di un credito IVA di un Srl poi estinta rimane valido anche se non è stato evidenziato nel bilancio finale di liquidazione, poiché rappresenta un mero errore formale che non può incidere sulla legittimità del diritto al rimborso.
La CTR Piemonte declina la tesi che il credito IVA non indicato nel bilancio finale di liquidazione equivalga ad una rinuncia del credito e afferma che il diritto al rimborso è legittimo, in quanto il credito risulta regolarmente dal Modello IVA e non ne è stata contestata l’insussistenza.
Pertanto, l’indicazione del credito IVA nel bilancio finale di liquidazione risponde ad una mera esigenza formale e non è idonea ad incidere sulla legittimità sostanziale del credito, poiché è stato correttamente esposto in dichiarazione.
In sostanza, il credito IVA che non è stato contestato si cristallizza e la sua inclusione o meno in un documento derivato, come il bilancio di liquidazione, non intacca la sua legittimità. Inoltre, i soci della Srl rispondono dei debiti della società estinta, pertanto dall’altro lato dovrebbe pacificamente valere il medesimo principio anche per i crediti della società estinta.
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TRIBUTI LOCALI
Cassazione, Sentenza 7 dicembre 2018, n. 31707/2018
Il cartello affisso sulla gru è soggetto all'imposta sulla pubblicità
La Corte ha specificato che, ai fini dell’assoggettamento all’imposta di pubblicità, rappresenta un soggetto passivo colui che appone, a qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, qualcosa che risulti idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti il nome e l’attività dell’impresa, indipendentemente dall’assenza di una funzione reclamistica e propagandistica.
Al fine di tale valutazione risulta importante verificare la dimensione del mezzo di comunicazione e la sua ubicazione che, nel caso di specie, si sostanziavano in una gru posizionata in un luogo visibile al pubblico.
ACCERTAMENTO E CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Cassazione, Ordinanza 23 ottobre 2018, n. 26731/2018
Avviso di liquidazione illegittimo in mancanza dell'indicazione dei criteri e degli elementi utilizzati per il calcolo
L’avviso di liquidazione dell’imposta di registro è nullo nel caso in cui tale atto si limiti al mero richiamo degli estremi della sentenza di riferimento, senza l’indicazione espressa dei criteri e degli elementi utilizzati ai fini della determinazione dell’imposta dovuta.
Infatti, la mancata indicazione non consente al contribuente di verificare la correttezza del calcolo effettuato, posto alla base della richiesta economica da parte dell’amministrazione finanziaria, nonché di conoscere anche quanto contenuto nelle successive integrazioni intervenute nel corso del giudizio ed apportate all’atto iniziale.
In tale eventualità, dunque, l’atto è gravato dal vizio di motivazione.
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Cassazione, Sentenza 30 ottobre 2018, n. 27587/2018
La notifica dell'atto è valida se la consegna avviene nel domicilio del contribuente verso una qualsiasi persona
La persona abilitata a ricevere l’atto presso il domicilio del destinatario si presume dalle dichiarazioni recepite nella relata di notifica dall’ufficiale notificatore, a meno che il contribuente non riesca a dimostrare che il ricevente non era adeguato a riceverlo, per via dell’inesistenza di un rapporto con il destinatario o dell’occasionalità della sua presenza presso il proprio domicilio.
In particolare, nel caso di specie, l’ufficiale notificatore aveva consegnato la cartella ad una signora presentatasi come la moglie del destinatario dell’atto ed attestatasi come tale nella relata di notifica.
Il contribuente, presentando il certificato di matrimonio che dimostrava, invece, il legame con un’altra persona, aveva fatto venir meno la pretesa sia nel I° che nel II° grado di giudizio.
Tuttavia, secondo la Corte, tale documento costituisce soltanto una prova parziale, non idonea ad incidere sulla validità della notifica dell’atto, in quanto non è stata dimostrata l’occasionalità della presenza di tale persona nel domicilio del destinatario.
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CTP Ascoli Piceno, Sentenza 7 agosto 2018, n. 249/2/2018
Il PVC citato nell'avviso di accertamento deve essere riprodotto a pena di nullità
L’avviso di accertamento motivato per relationem, senza l’allegazione dell’atto richiamato o la riproduzione del suo contenuto essenziale, risulta nullo, in quanto non consente al contribuente di esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa presso le sedi tributarie.
Infatti, risulta necessario che l’avviso di accertamento contenga una motivazione ben definita, determinata e intellegibile, in modo tale che garantisca al contribuente la conoscenza delle ragioni fondanti la pretesa impositiva e delle prove a sostegno della tesi addotta dall’amministrazione finanziaria.
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DIRITTO SOCIETARIO
Cassazione, Sentenza 23 ottobre 2018, n. 26701/2018
Trascrizione nei registri immobiliari necessaria per la cessione del canone di affitto d'azienda se ha una durata superiore a 3 anni
La Corte ha espresso il seguente principio di diritto: nell’ambito oggettivo dell’art. 2643, n. 9, c.c., in cui sono assoggettati all’onere di trascrizione gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni, sono ricompresi anche i corrispettivi per l’affitto di un’azienda tra i cui beni sia compreso un immobile.
In particolare, tale soluzione è stata formulata in quanto è stato ricondotto alla locazione di cui all’art. 1615 c.c. la figura dell’affitto d’azienda, pertanto la nozione di “fitto” enunciata nella norma suddetta risulta idonea a comprendere anche il corrispettivo derivante dall’affitto d’azienda.
Testo integrale della sentenza
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TAR Lazio, Sentenza 19 dicembre 2018, n. 12355/2018
Il contribuente può accedere ai documenti contenuti negli applicativi "Serpico" ed "Enti Contabili"
L’amministrazione finanziaria deve consentire al contribuente l’accesso e la presa visione di documenti contenuti nel database “Serpico” ed “Enti contabili”, mediante estrazione dei dati attraverso semplici interrogazioni nelle banche dati dell’Agenzia delle Entrate.
La motivazione della sentenza è basata sul fatto che le risultanze degli applicativi “Serpico” ed “Enti contabili” rientrano nella nozione di documento amministrativo (prevista dall’art. 22, co. 1, lett. c), della Legge n. 241/1990) e i dati in esame presentano già veste documentale, poiché in caso contrario non sarebbero presenti nei suddetti applicativi e non sarebbero mai utilizzabili dall’Agenzia delle Entrate.
Ne consegue che l’orientamento sostenuto dall’Agenzia, che qualificava gli applicativi come strumenti interni di lavoro le cui risultanze non sono dotate della natura di documento/atto amministrativo, non è valido.
Pertanto, il contribuente può accedere ai documenti amministrativi presenti nell’applicativo dell’Agenzia delle Entrate, a condizione che l’istanza di accesso sia sufficientemente circostanziata nell’oggetto, con l’indicazione puntuale degli atti richiesti.
Testo integrale della sentenza
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Tribunale di Brescia, Sentenza 18 luglio 2018, n. 7556/2018
Conferimento in criptovalute non ammesso se non costituisce un'idonea garanzia per i creditori
Il conferimento effettuato mediante una determinata criptovaluta non presenta i requisiti minimi per poter essere assimilato ad un bene suscettibile in concreto di una valutazione economica attendibile, poiché vi è l’impossibilità di fare affidamento su prezzi attendibili, in quanto discendenti da dinamiche di mercato.
In particolare, il Tribunale ha precisato che il capitale sociale ha come funzione primaria la garanzia nei confronti dei creditori, che risulta soddisfatta esclusivamente se i beni oggetto di conferimento assolvono ai seguenti requisiti:
- Idoneità del bene ad essere oggetto di valutazione;
- Esistenza di un mercato per il bene in questione, al fine della velocità di conversione in denaro;
- Idoneità del bene ad essere aggredito dai creditori sociali, cioè dall’essere oggetto di esecuzione forzata.
Testo integrale della sentenza
Contatti
Ulteriori informazioni e chiarimenti possono essere richieste al Settore Fisco e Diritto d'Impresa, tel. 0258370.267/308, fax 0258370334 e-mail fisc@assolombarda.it
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