Fatture insolute per la fornitura di energia elettrica e gas: termini e modalità per l’emissione della nota di credito
Al fine di poter detrarre l'imposta relativa alla fattura insoluta è necessario che la nota di variazione in diminuzione sia emessa, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si è verificata l'interruzione della fornitura. Lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate con la Risposta ad Interpello n.119 del 17 febbraio 2021.
In particolare l’Agenzia ha confermato che l'articolo 26, commi 2, 3 e 9, del DPR n.633/72 dispone che se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla sua registrazione, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, a causa di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25 del DPR n.633/72.
Tale disposizione non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall'effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi sopra indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti.
Inoltre il comma 9 dell’art.26 stabilisce che nel caso di risoluzione contrattuale, relativa a contratti a esecuzione continuata o periodica, conseguente a inadempimento, la facoltà di emissione della nota di credito non si estende a quelle cessioni e a quelle prestazioni per cui sia il cedente/prestatore che il cessionario/committente abbiano correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni.
Dalla lettura della norma sopra citata emerge che nel caso di forniture periodiche di energia e gas, non opera il limite temporale di un anno , in quanto i mancati pagamenti non dipendono da un sopravvenuto accordo fra le parti.
In pratica l’Agenzia chiarisce che ai sensi dell’articolo 26, comma 9 del DPR n.633/72, il fornitore di energia elettrica e gas, una volta emessa la fattura ed assolto l'obbligo di versamento dell'IVA, può emettere senza limiti di tempo la nota di variazione in diminuzione per le prestazioni eseguite e non pagate prima della data di risoluzione del contratto, che è determinata dalla materiale interruzione del rapporto contrattuale e della fornitura, oggetto di successiva comunicazione al cliente inadempiente.
Tuttavia, per poter detrarre l'imposta è necessario che la nota di variazione sia emessa, al più tardi, entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all'anno in cui si è verificata l’interruzione della fornitura.
Pertanto a titolo di esempio se l’interruzione (per recesso del cliente e/o per cambio del fornitore) era avvenuta nel 2019, la nota di variazione poteva essere emessa entro il 30 giugno 2020, data ordinaria di presentazione della dichiarazione annuale.
La detrazione, poi, andava operata con la relativa liquidazione periodica o, al più tardi, nella dichiarazione annuale IVA di riferimento (dichiarazione IVA 2021 relativa al periodo d’imposta 2020).
A tale proposito l’Agenzia richiama le indicazioni fornite nella risposta n. 192 del 24 giugno 2020.
Teniamo a precisare che questa interpretazione ci lascia un po’ perplessi.
Perché la nota di variazione dovrebbe essere emessa entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa al periodo in cui sorgono i presupposti se poi invece la variazione in diminuzione viene di fatto esercitata nella dichiarazione dell’anno successivo?
Ne prendiamo comunque atto senza capirne la logica.
Per le fatture invece emesse in un momento successivo all’interruzione della fornitura (switching ) causata dall’inadempimento del cliente moroso che non paga il canone, la nota di variazione trova il suo presupposto non nella risoluzione del contratto che precede la materiale emissione della fattura e la sua registrazione, ma nel “mancato pagamento” e, quindi non rileva l’anno di interruzione della fornitura ma l’anno del mancato pagamento.
Ipotesi quest’ultima per la quale l’articolo 26, comma 2, richiede necessariamente la presenza di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.
Infine, il corrispettivo cd. C-mor (ossia «l’indennizzo forfetario e calcolato su stime di consumo a favore del venditore uscente») che il fornitore uscente percepisce a titolo di indennizzo in caso di risoluzione del cliente prima del distacco dell’utenza, ha natura risarcitoria e non costituisce corrispettivo e come tale non è soggetto ad IVA.
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