Quando la quantità non va a discapito della qualità

Il valore artistico richiesto per la proteggibilità dell'opera di “industrial design” non può essere escluso dalla serialità della produzione degli articoli concepiti progettualmente.

Importante la pronuncia della prima sezione civile della Suprema Corte, che con una sfumatura di leggero fatalismo va ad inserirsi quasi dolosamente a ridosso della settimana in cui l’originalità, il design e l’arte vengono celebrati come star hollywoodiane nella sempre all’avanguardia città di Milano, occupata ad ospitare in questi giorni la 56esima edizione della fiera del mobile.

Ed infatti il 23 Marzo dell’anno corrente, i giudici Ermellini, spegnendo una lite ardente dal lontano 2006 e ripassando nuovamente la palla alla Corte d’Appello di Venezia che dovrà riesaminare le richieste dell’istante, hanno accolto il ricorso presentato dalla nota azienda Thun avverso la sentenza emessa dai giudici della “Serenissima”, sancendo il seguente principio di diritto: "Il valore artistico richiesto per la proteggibilità dell'opera di 'industrial design' non può essere escluso dalla serialità della produzione degli articoli concepiti progettualmente, che è connotazione propria di tutte le opere di tale natura, ma va ricavato da indicatori oggettivi, non necessariamente concorrenti".

Come elementi 'indicatori' del valore artistico delle produzioni seriali, la Cassazione annovera "il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità, ovvero la creazione da parte di un noto artista".

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