Tutto quello che devi sapere sulla CSRD dopo il recepimento in Italia

Tutte le informazioni riguardo alla Corporate Sustainability Reporting Directive e il relativo decreto di recepimento italiano.

Novità! Il decreto di recepimento, in vigore dal 25 settembre, ha modificato alcuni aspetti della direttiva per le imprese che operano in Italia

La Corporate Sustainability Reporting DirectiveCSRD (Direttiva 2022/2464), inerente alla rendicontazione di sostenibilità aziendale, è entrata ufficialmente in vigore il 5 gennaio 2023, andando a sostituire la precedente Non Financial Reporting Directive – NFRD (Direttiva 2014/95/UE) sulla rendicontazione non finanziaria, che era attuata in Italia dal D.Lgs. 2016/254.

Il 25 settembre 2024 entra ufficialmente in vigore il decreto di recepimento italiano, D.Lgs. 2024/125 (pubblicato sulla GU n. 212 del 10 settembre 2024).

Sommario

Cosa prevede la CSRD?

I principali aspetti introdotti dalla direttiva europea sono:

1. L’ampliamento dei soggetti interessati. Rispetto alla precedente normativa è stato aumentato il numero di aziende che sono obbligate a redigere un bilancio di sostenibilità. Pertanto, saranno interessate le aziende indicate nello schema sottostante che, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei tre limiti dimensionali.

Dal 2025
(anno fiscale 2024)

Le imprese attualmente soggette alla direttiva NFRD: imprese quotate, banche e assicurazioni con:

  • numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 500
  • totale dello stato patrimoniale: 25 milioni di euro 
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 50 milioni di euro

Dal 2026
(anno fiscale 2025)

Le grandi imprese con:

  • numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250 
  • totale dello stato patrimoniale: 25 milioni di euro
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 50 milioni di euro

Dal 2027
(anno fiscale 2026)

Le piccole e medie imprese quotate1 (PMI), gli istituti di credito di piccole dimensioni non complessi e le imprese di assicurazioni e riassicurazione dipendenti da un Gruppo (“captive”)2 con:

  • numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: non inferiore a 11 e non superiore a 250
  • totale dello stato patrimoniale: superiore a 450 mila euro e inferiore a 25 milioni euro
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: superiore 900 mila euro  e inferiore a 50 milioni euro

Dal 2029
(anno fiscale 2028)

Società figlie e succursali di società madri extra-europee per le quali la capogruppo ha generato negli ultimi due esercizi consecutivi, e per ciascuno degli stessi, a livello di gruppo o, se non applicabile, a livello individuale, nel territorio dell’Unione, ricavi netti superiori a 150 milioni di euro e:

  • un’impresa figlia soddisfa i requisiti dimensionali della CSRD
  • una succursale ha generato ricavi netti superiori a 40 milioni di euro nell’esercizio precedente

Rispetto a quanto indicato nel testo della CSRD, i limiti dimensionali specificati nel decreto di recepimento rispecchiano l'aumento del 25% delle soglie dimensionali di definizione di micro, piccole, medie e grandi imprese, ai sensi della direttiva delegata 2023/2775/UE.

Non rientrano invece nell’ambito di applicazione le microimprese, anche qualora siano quotate nei mercati regolamentati dell’Unione, le PMI non quotate e le cooperative di grandi dimensioni.

2. L'aumento delle informazioni da fornire. Le principali sono:

    • una descrizione del modello e della strategia aziendali dell'impresa e della loro resilienza in relazione ai rischi connessi alle questioni di sostenibilità;

    • i piani dell'impresa atti a garantire che il modello e la strategia aziendali siano compatibili con la transizione verso un'economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C in linea con l'accordo di Parigi e l'obiettivo dell’UE di conseguire la neutralità climatica entro il 2050;

    • una descrizione del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo per quanto riguarda le questioni di sostenibilità e informazioni sull'esistenza di sistemi di incentivi connessi alle questioni di sostenibilità a loro destinati;

    • una descrizione degli obiettivi e delle politiche dell'impresa in relazione alle questioni di sostenibilità;

    • procedure di dovuta diligenza applicate dall'impresa in relazione alle questioni di sostenibilità.

3. L’obbligo di collocazione dell’informativa nella relazione sulla gestione. La rendicontazione di sostenibilità dovrà essere inclusa, in una sezione appositamente contrassegnata, nella relazione sulla gestione.

4. Il principio di doppia materialità. Le imprese saranno tenute a specificare i principali impatti legati alle attività dell'impresa e alla sua catena del valore sulla società e sull’ambiente (prospettiva inside-out) e i rischi e le opportunità dei fattori di sostenibilità che influenzano lo sviluppo e la performance aziendali (prospettiva outside-in).

5. L’integrazione degli aspetti ESG lungo la catena del valore. Le imprese dovranno includere anche le informazioni sugli impatti materiali, sui rischi e sulle opportunità connesse all’intera catena del valore a monte (upstream) e a valle (downstream), quali risultanti delle attività di due diligence e dell’analisi di materialità. 

6. L’introduzione di standard di rendicontazione europei. La Commissione ha adottato degli standard europei di informativa sulla sostenibilità (ESRS)elaborati dallo European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) che dovranno essere utilizzati dalle imprese soggette alla direttiva. Sono inoltre in corso di definizione lo standard ESRS semplificato per le PMI quotate (listed SMEs), che prende il nome di ESRS LSME e uno standard volontario e non giuridicamente vincolante da applicare alle micro, piccole e medie imprese che non rientrano nell'ambito di applicazione della CSRD. Tali standard, applicando i principi di informativa ESRS con il massimo grado di proporzionalità e semplificazione, mirano ad essere supporto per le PMI non quotate nell’inizio del loro percorso di sostenibilità ed un punto di riferimento per le controparti nella catena del valore e per i finanziatori.

7. Il formato elettronico unico di comunicazione. Il bilancio e la relazione sulla gestione dovranno essere redatti in formato XHTML e le informazioni contrassegnate tramite un sistema di “marcatura digitale” (tag), che sarà strettamente connesso all'implementazione del “Punto di accesso unico europeo” (ESAP).

Gli ulteriori aspetti introdotti per le imprese operanti in Italia

Il decreto di recepimento italiano introduce ulteriori aspetti che riguardano le imprese operanti in Italia:

1. Informazione dei rappresentanti dei lavoratori. In aggiunta a quanto previsto dalla direttiva europea, il decreto richiede alle aziende di prevedere modalità di informazione dei rappresentanti dei lavoratori in merito alle informazioni sulla sostenibilità e di discuterne, fornendo loro i mezzi per ottenere e verificare tali informazioni. I rappresentanti dei lavoratori devono, a loro volta, comunicare i loro eventuali pareri all’organo amministrativo e di controllo.

2. Specifiche sulla relazione di sostenibilità delle imprese di paesi terzi. La relazione sulla sostenibilità pubblicata dalla società figlia o dalla succursale deve essere redatta dalla società madre in conformità agli ESRS, o con modalità equivalenti ai principi di rendicontazione di sostenibilità europei. Se la società madre extra-europea non rende disponibile la relazione sulla sostenibilità, la società figlia o la succursale dovranno chiederle di fornire tutte le informazioni necessarie per consentire loro di adempiere agli obblighi. Qualora non siano fornite tutte le informazioni necessarie, la società figlia o la succursale redigeranno la relazione di sostenibilità con le informazioni in loro possesso e rilascerà una dichiarazione attestante che la società madre extra-europea non ha messo a disposizione le informazioni necessarie. La stessa cosa nel caso in cui la società madre extra-europea non metta a disposizione l’attestazione sulla conformità.

3. Indicazioni sull’attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità. Rispetto a quanto previsto dalla direttiva, che lasciava agli Stati membri la possibilità di prevedere che l’attestazione potesse essere rilasciata anche da un revisore diverso da quello del bilancio o da un prestatore indipendente di servizi di attestazione, il decreto di recepimento prevede come unico soggetto abilitato a svolgere l’attività di attestazione i revisori legali dei conti iscritti nel Registro e che abbiano maturato almeno cinque crediti formativi annuali nelle materie caratterizzanti la rendicontazione e l’attestazione della sostenibilità.  L’attività può essere svolta dallo stesso revisore incaricato della revisione legale del bilancio o da un diverso revisore legale. Entro 18 mesi dall’entrata in vigore del decreto, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Consob condurranno uno studio, alla luce dell’esperienza degli altri Stati membri, per analizzare i benefici e gli oneri derivanti dall’eventuale scelta di legittimare prestatori indipendenti.

4. Responsabilità e sanzioni. La responsabilità di garantire che le informazioni siano fornite in conformità a quanto previsto dal decreto compete agli amministratori delle società. Le sanzioni previste sono di tipo amministrativo pecuniario e nei due anni successivi all’entrata in vigore del decreto si stabilisce che non possano essere superiori a 125 mila euro per le società di revisione e 50 mila euro per i revisori della sostenibilità.

Infine, fino all’adozione dei principi di attestazione della rendicontazione di sostenibilità da parte della Commissione Europea, la Consob individuerà i principi applicabili per lo svolgimento dell’attività di attestazione e la formulazione delle conclusioni della relazione.

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Note

(1)Intese come le società con valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea che alla data di chiusura del bilancio.
(2) Viene prevista l’opzione di non applicare la normativa (“opt out”) per due anni, salvo la necessità di spiegare perché l’impresa ha deciso di avvalersi di tale opzione.

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