Presentati i risultati della prima indagine Stella sui dottori di ricerca

I dottori di ricerca possono e devono diventare un motore di innovazione per le imprese. Per questo è importante raccogliere dati puntuali sulle esperienze post dottorato e sul ruolo giocato dalla formazione ricevuta nel successivo inserimento lavorativo. Un lavoro fatto dall’indagine STELLA i cui risultati sono stati presentati in Assolombarda nel corso di un convegno a cui sono intervenuti, tra gli altri, Alberto Meomartini e Marcello Fontanesi

I dottori di ricerca possono e devono diventare un motore di innovazione per le imprese. Per questo è importante raccogliere dati puntuali sulle esperienze post dottorato e sul ruolo giocato dalla formazione ricevuta nel successivo inserimento lavorativo. Un lavoro fatto dall’indagine STELLA i cui risultati sono stati presentati in Assolombarda nel corso di un convegno a cui sono intervenuti, tra gli altri, Alberto Meomartini e Marcello Fontanesi

Milano, 7 luglio 2009 – I dati della prima indagine dell’iniziativa STELLA (Statistiche in TEma di Laureati e LAvoro) sui dottori di ricerca che hanno ottenuto il titolo negli anni 2005, 2006 e 2007 sono stati presentati oggi in Assolombarda. L’indagine ha coinvolto i dottori di ricerca di 7 dei 14 Atenei che già lo scorso anno avevano aderito all’iniziativa STELLA partecipando all’indagine sugli sbocchi occupazionali dei laureati: 4 del Nord (Università degli Studi di Bergamo, di Brescia, di Milano, di Milano-Bicocca) 2 del Centro (Università di Pisa e Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfezionamento S. Anna di Pisa) e 1 del Sud (Palermo).

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Enrico Zio, Laura Mengoni, Alberto Meomartini, Marcello Fontanesi, Maria Francesca Romano, Stefano Campostrini e Simone Gerzeli

Il quadro che emerge dall’indagine merita numerosi approfondimenti: la raccolta delle informazioni si è infatti conclusa da poco, e le tabelle fanno emergere numerosi aspetti degni di ulteriori elaborazioni. Nondimeno, si possono trarre dai dati stessi alcune considerazioni preliminari.
• In primo luogo, vale la pena sottolineare come lo sbocco professionale tipico per i dottori di ricerca italiani sia l’università pubblica (che da sola assorbe più del 40% degli occupati) seguita dagli istituti di ricerca pubblici e privati (che assorbono un altro 13% di dottori). Le aziende private si limitano ad assorbire un 12% di dottori di ricerca.
• In secondo luogo, è importante sottolineare la percezione di effettivo impiego delle proprie competenze di ricercatori dichiarata dai dottori di ricerca occupati. Come già detto in precedenza, tale percezione è praticamente plebiscitaria nelle università e nei centri di ricerca (più del 90% dei dottori dichiara di svolgere attività di R&S) mentre scende al 50% nelle aziende del settore industriale e precipita a meno del 20% nelle aziende di servizi. I dati raccolti fanno dunque pensare che le aziende private non offrano in generale opportunità di lavoro tali da valorizzare le competenze dei dottori di ricerca, e che siano piuttosto viste come soluzione di ripiego da parte di chi non ha trovato un’opportunità più consona in università o in centri di ricerca.
• L’occupazione dei dottori di ricerca è comunque molto alta, e in pratica indipendente dall’area disciplinare del corso di dottorato seguito. Tuttavia – a conferma della mancanza di un numero adeguato di sbocchi professionali – va sottolineata la presenza di un 10-11% di dottori che cercano occupazione all’estero (confermando anche a questo livello la preoccupante tendenza alla “fuga dei cervelli”).
• La percezione di utilità del titolo di dottore sul mercato del lavoro è molto limitata, a conferma di una situazione che vede questo titolo poco compreso dal mondo delle aziende.
• Il salario iniziale dei dottori di ricerca conferma purtroppo l’appiattimento generale su livelli comuni anche ai laureati specialistici/magistrali e addirittura ai laureati triennali, anche se si notano alcuni segni di evoluzione della carriera in tempi relativamente brevi.
• La situazione di studente di dottorato appare compatibile con una professione: sono infatti numerosi i dottori che dichiarano di aver svolto attività lavorativa durante gli studi e spesso di mantenere tale attività anche dopo l’ottenimento del titolo.
• Infine, positiva è in generale la percezione che i dottori di ricerca hanno del percorso formativo seguito: tre quarti circa di loro rifarebbero l’esperienza del dottorato, anche se non mancano le critiche alla formazione ricevuta e all’organizzazione didattica.

“Il dottorato deve assumere un carattere e un orientamento che lo renda il più possibile visibile e attraente proprio nei confronti di quelle imprese che hanno più voglia di innovare e rinnovarsi”, afferma Alberto Meomartini, Presidente di Assolombarda. “Verso questi obiettivi, tutti, istituzioni, mondo accademico, imprese e Assolombarda, dobbiamo far convergere energie e risorse ma, prima ancora, dobbiamo sviluppare un approccio culturale adeguato. Le scuole di dottorato e le comunità scientifiche che le sostengono devono aprirsi al mondo delle imprese senza rigidità e pregiudizi, con la consapevolezza che “un mondo ha bisogno dell’altro”: quello accademico ha il compito – direi la missione – di generare cultura innovativa; quello produttivo deve saper inglobare questa cultura nei suoi prodotti e nei suoi servizi per competere a livello globale”.

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“Dal canto loro”, aggiunge Meomartini “le imprese devono credere di più nell'alta formazione, sostenere anche economicamente il dottorato e collaborare ad avvicinarlo alle proprie esigenze, per dare più slancio alla ricerca. Non penso solo alle grandi realtà produttive: le imprese medio-piccole, portate per struttura e per cultura a investire soprattutto sull'innovazione di processo, sottovalutano il fatto che acquisire competenze dal mondo accademico e valorizzare professionalità come quelle di un dottorato può creare anche per loro opportunità interessanti di innovazione, e quindi di business.

In definitiva, credo che il dottorato di ricerca – se progettato e gestito dando il giusto spazio alle imprese e alle loro esigenze – possa diventare un generatore potente di innovazione per qualunque azienda, oltre che uno strumento chiave per creare la necessaria continuità tra formazione e ricerca”.

Alla presentazione delle ricerca, dopo gli interventi di apertura del Presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini e del Rettore Università degli Studi di Milano-Bicocca e Presidente CILEA, Marcello Fontanesi, è seguita una tavola rotonda di discussione coordinata da Francesco Archetti, Prorettore alla Ricerca, Innovazione e Trasferimento  tecnologico Università degli Studi di Milano-Bicocca, a cui hanno partecipato vari esponenti delle imprese e del mondo universitario, tra i quali, Enrico Albizzati, Pirelli & C., Giorgio Basile, Presidente Isagro, Paolo  Faure, R&D Manager ABB, Maurizio Leone, Prorettore alla Ricerca Università degli Studi di Palermo, Giampiero Sironi, Prorettore alla Ricerca Università degli Studi di Milano. Ha concluso i lavori l’intevento di Enrico Decleva, Presidente CRUI e Rettore Università degli Studi di Milano.

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