Natale: un’occasione di riflessione e ispirazione per un futuro di progresso
Siamo arrivati alla fine del 2024. Ci prepariamo ad affrontare il prossimo futuro. Partiamo dalla consapevolezza che sono diversi mesi che la congiuntura economica non è positiva. Non lo è a livello internazionale. Non lo è a livello europeo. Anche l’Italia ne risente.
Negli ultimi anni abbiamo raggiunto grandi risultati. Abbiamo compiuto un “piccolo miracolo economico”, con una crescita maggiore di quella mondiale nel suo complesso, di quella dell’Euro-area, nonché della media dei paesi avanzati.
Restiamo, in particolare, un territorio che esprime un modello industriale strutturalmente solido fondato sulla qualità, l’innovazione, la diversificazione dei prodotti e una forte proiezione internazionale.
Come ho voluto ribadire durante la nostra ultima Assemblea Pubblica presso l’Università Bocconi, siamo un modello industriale che ci consente di poterci confrontare con i numeri di interi Paesi come Germania, Francia, Spagna. Tanto che, se ci considerassimo come un’economia nazionale, sui 27 Paesi dell’Unione Europea, la Lombardia sarebbe decima per PIL. Subito dopo l’Irlanda. Oltre il doppio della Grecia.
Più del 58% di questo valore è generato dai nostri territori: Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia (Focus Economico).
Questo orgoglio industriale nessuno ce lo toglie. Ma oggi il vento sta cambiando.
Se il contesto economico e geopolitico internazionale è un fattore di cui prendere atto e adattarci, non è così, invece, per quanto riguarda la mancanza di una politica industriale di lungo periodo, pragmatica e visionaria, a livello europeo e nazionale.
È nostra responsabilità lanciare l’allarme ai decisori politici prima che la desertificazione industriale diventi essa stessa un fattore di cui prendere atto.
L’Europa della precedente legislatura ha avallato e costruito - con la complicità di chi agisce in nome di una ideologia o, peggio, di chi agisce distrattamente - l’impianto regolatorio per autodistruggere il suo, e quindi nostro, fiore all’occhiello: l’auto. Un’industria che rappresenta fino al 7% del PIL dell’Unione Europea.
La crisi economica, politica e sociale è assicurata. Lo vediamo oggi in Germania, in Francia e, almeno in parte, in Italia.
Cosa fare allora? Con onestà intellettuale, ammettere l’errore e aggiustare in fretta il tiro.
Eliminare, quindi, le multe ai produttori europei per gli obiettivi non raggiunti nell’elettrico dal 2025. Eliminare lo stop al motore endotermico al 2035.
Agire seguendo i tre principi per una transizione davvero sostenibile e competitiva: pluralità tecnologica, gradualità, oggettività scientifica.
E naturalmente investire. Tanto e bene in campioni europei. Nei settori in profonda trasformazione; in quelli colpiti da una spietata e sleale concorrenza; nelle industrie del futuro.
Per salvaguardare i nostri pilastri di democrazia liberale e welfare. Per rafforzare la nostra autonomia strategica.
Il metodo impositivo, iper-regolatorio e restrittivo utilizzato fino ad oggi crea un pericoloso precedente. Oltre ad alimentare un ingiustificato senso di colpa dell’Europa e delle sue industrie verso la sostenibilità ambientale che non tiene conto degli incredibili risultati positivi messi a segno in questi anni sul fronte della difesa dell’ambiente proprio da parte delle nostre imprese.
Quale Europa vogliamo allora? Un’ Europa più industriale di quella che abbiamo visto negli ultimi anni.
All’inizio di dicembre si è insediata la nuova Commissione Europea. Nei primi 100 giorni di mandato sono tre gli appuntamenti di grande rilevanza per l’industria: la Bussola della competitività e la Relazione annuale sul mercato unico, presentati dalla Presidente Ursula von der Leyen e dal vicepresidente alla Strategia industriale Stéphane Séjourné; il Clean Industrial Deal per una decarbonizzazione competitiva; il pacchetto Omnibus per la semplificazione normativa a vantaggio delle imprese, in particolare sui temi della sostenibilità.
Con questi tre appuntamenti capiremo la direzione che vorrà prenderà la nuova legislatura.
Per il momento, il Commissario all’industria Séjourné, che nel suo primo viaggio all’estero dall’inizio del suo mandato ha scelto l’Italia e – in particolare – proprio il nostro territorio per avviare il dialogo con l’industria, ha dimostrato un’apertura importante sui dossier più importanti.
Attendiamo i fatti. Attendiamo che l’Agenda Draghi sia messa in atto.
Nel frattempo, in “casa” siamo al rush finale per l’approvazione della Legge di Bilancio 2025. L’appuntamento di politica economica più importante dell’anno.
La coperta è corta. Ne siamo, ormai, abituati. Ma proprio per questo indirizzare strategie e risorse per la crescita del Paese è vitale.
Transizione 5.0 viene, almeno in parte, semplificata. Apprezziamo le modifiche apportate. Resta vivo il timore della difficoltà di utilizzo della misura visti i tempi stretti e una complessità di fondo della misura stessa.
Anche per questo, pur consapevoli della difficoltà tecnica, continueremo a richiedere di usare parte delle risorse destinate a Transizione 5.0 per rifinanziare Industria 4.0, che, proprio in questa Legge di Bilancio, viene compromessa.
Il credito d’imposta 4.0, infatti, avrà una copertura di 2,2 miliardi di euro per il 2025 contro i più di 6 miliardi che vengono utilizzati normalmente.
Ma non solo, viene eliminato dal beneficio il software. Una scelta in controtendenza proprio oggi che siamo chiamati a puntare su Intelligenza artificiale, dati, cybersecurity…
Infine, in attesa che venga introdotto a regime il sistema di tassazione a due aliquote previsto dalla legge delega di riforma del fisco, come Sistema Confindustria abbiamo chiesto con forza al Governo di prevedere una riduzione dell’aliquota ordinaria Ires per sostenere gli investimenti oggi necessari in un momento di mercati stagnanti, aiutare le imprese a patrimonializzarsi dopo che è stata cancellata l’Ace, avere una tassazione più competitiva a livello internazionale.
Il Governo, come sapete, ha accolto la richiesta. Purtroppo però rispetto alla proposta avanzata da Confindustria, la versione finale richiede alle imprese di rispettare numerosi e stringenti requisiti, che nulla hanno a che fare con l’obiettivo della misura stessa. Tra questi requisiti, per esempio, la rinuncia alla cassa integrazione per il biennio 2024/25; il fatto che gli investimenti non devono essere inferiori al 24% degli utili d'esercizio in corso al 2023; nel 2025 occorre aumentare il numero di dipendenti a tempo indeterminato di almeno l’1% rispetto al 2024; le unità lavorative nel prossimo anno non devono essere inferiori alla media 2022-2024. Con questa impostazione, temiamo che la misura sia di difficile applicazione.
Ecco allora che mi ricollego a quanto scritto all’inizio: dobbiamo tutti lavorare per definire una politica industriale pragmatica e di visione, per scongiurare in ogni modo possibile il declino della nostra potenza industriale.
Come Assolombarda, in perfetto stile imprenditoriale, davanti a questa prospettiva lavoriamo per invertire la rotta rafforzando competenza, passione, autorevolezza e facendo tutto quanto necessario per proporre soluzioni e risposte a tutela delle nostre imprese e delle persone che collaborano con noi.
L’auspicio che rivolgo per la fine di quest’anno e l’inizio del nuovo, è di guardare insieme oltre l’oggi, con la tenacia di chi, come noi, sa che fare bene il proprio lavoro, giorno dopo giorno, determinerà chi saremo domani.
L’augurio per tutti voi, i vostri collaboratori e le vostre famiglie, è che questo Natale sia un’occasione di riflessione e ispirazione per un futuro di progresso.
Buone feste!
Alessandro Spada
Presidente Assolombarda