La nostra storia

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Al proprio percorso storico l’Associazione ha dedicato due volumi:

  • Quasi un secolo fa. Dall’archivio Assolombarda”, a cura di Dante Ferrari, Edizioni Industria Lombarda-Assoservizi, Milano, settembre 1988;
  • Gli anni da non dimenticare. Dalla liberazione all’autunno caldo”, di Dante Ferrari (con un saggio di Giulio Sapelli), Edizioni Assoservizi srl, 1992.

Da questi testi sono tratte le ‘istantanee’ che ripropongono, in forma giornalistica, alcune delle tappe più significative del cammino compiuto dall’associazionismo imprenditoriale milanese in generale e, in particolare, da Assolombarda, dal 1890 al 1970.

 

1890-1900 Costituite a Milano le più importanti associazioni di produttori

“Industriali, associatevi: il futuro sarà vostro se sarete organizzati”

La costituzione dei primi organismi associativi ha come cause principali l’ampliarsi delle lotte operaie e la compattezza dei lavoratori di tutti i settori produttivi che pongono il mondo imprenditoriale di fronte alla necessità di una coerenza di comportamenti e d’indirizzi. Si arriva quindi, attraverso il passaggio degli organismi di categoria, alla costituzione di associazioni imprenditoriali che raggruppano, senza distinzione merceologica, tutti gli imprenditori operanti nella stessa zona. La prima a costituirsi è la Federazione degli industriali di Monza, a cui segue, nel 1898, il “Consorzio fra industriali meccanici e metallurgici di Milano”: un’organizzazione fondata con una impostazione prevalentemente sindacale, alla quale aderiscono 21 imprese industriali, con 5840 operai.

1903-1919 Alla Lombardia il primato associativo

Milano dà l’esempio a tutta l’Italia

Nel 1903 si costituisce l’Associazione Commercianti Esercenti e Industriali di Milano, organismo senza funzione di rappresentanza sindacale. Nel 1908 viene fondata la Lega Industriale, mentre nel 1910 nasce la Federazione Commerciale Industriale, che può vantare l’adesione di circa 100 associazioni commerciali e industriali. Nel gennaio del 1919 è fondata la Federazione Industriale Lombarda.

1920-1924 L’esperienza delle libere associazioni industriali

L’industria del dopoguerra tormentata dai conflitti sociali e dall’avvento del fascismo

A tre anni dalla fine della Grande Guerra l’industria non riesce ad equilibrare i programmi di sviluppo con i costi del lavoro. L’economia industriale è in difficoltà per la mancata ripresa nel mercato interno: per di più, ci sono pressanti richieste di intervento rivolte al Governo per correggere il distorto sistema fiscale. Il sindacalismo fascista è in crescita. Le nuove proposte degli industriali per la politica economica si orientano verso l’identificazione di un modello di ammodernamento dell’apparato produttivo sorretto da un’organica azione del Governo. L’Associazione di Milano, con libere elezioni, riunisce le massime espressioni di tutti i settori industriali, mentre i rapporti con i sindacati si fanno sempre più difficili

1924-1926 Forti limitazioni alla flessibilità delle industrie

L’applicazione della legge sulle ‘otto ore’ del 1923 e della legge sindacale del 1926

A partire dal 1924 la flessibilità dell’industria subisce forti limitazioni dovute al nuovo regime di lavoro fascista, con conseguenti ripercussioni sull’andamento della produzione e sul costo della vita. Nel 1925, a due anni dalla legge sulle ‘otto ore’, i contrasti con i sindacati nazionali diventano inconciliabili e gli industriali diventano sempre più critici sulle scelte di politica del Governo. Le libere associazioni vengono imbrigliate dalla legge sindacale del 1926. Applicando tali leggi, la Federazione Industriale Lombarda diventa Federazione Provinciale Fascista di Milano con giurisdizione sulla sola provincia di Milano.

1927-1934 Con la nascita delle corporazioni le ‘unioni’ perdono l’autonomia

La Federazione diventa un’Unione

L’assetto della Federazione degli Industriali cambia nuovamente nel 1934, a seguito della legge che istituisce le Corporazioni. La Federazione di Milano diventa quindi una delle 82 Unioni provinciali.

1935-1942 Spirano venti di guerra

L’economia bellica costringe tutte le industrie a cambiare regole e assetti produttivi

I primi avvisi di guerra provengono dalla richiesta di fornitura di maschere antigas con obbligo di produzione per le aziende. Vengono stabiliti i contributi sindacali obbligatori: è il giro di vite del regime corporativo per regolamentare i versamenti a favore della Confederazione dell’industria. Nei primi due anni della guerra l’industria adegua tutte le produzioni alle richieste del governo fascista, ma alla fine del 1942 la crisi degli approvvigionamenti di materie prime e di energia mette in ginocchio molte aziende.

1943-1944 Progetto ‘svolta economica’

La Resistenza programma rinascita e ricostruzione

La Federazione Fascista degli Industriali di Milano nel luglio del 1943, a seguito degli avvenimenti legati alla caduta del governo fascista, per breve tempo viene ‘commissariata’. Il 15 ottobre dello stesso anno il Governo della Repubblica di Salò decide la fine dell’organizzazione corporativa delle associazioni, preannunciando la nascita di una nuova Confederazione dell’Industria. La Federazione Provinciale Fascista degli Industriali cambia denominazione in Unione degli Industriali della Provincia di Milano. Nel capoluogo è creata la Confindustria Alta Italia, con il compito di coordinare le associazioni di categoria già esistenti e quelle trasferite a Roma.

1945 La fine della guerra ritrova tutta l’industria pronta...

Il dopo 25 aprile: la rifondazione a Milano di Assolombarda

Dopo la liberazione dell’Italia da parte degli Alleati, il 26 aprile 1945, con un’ordinanza del C.L.N., Giovanni Falck viene nominato Commissario Straordinario dell’Unione Provinciale degli Industriali di Milano. Le 5 mila imprese di Milano, con 450 mila operatori, accettano una sfida difficilissima: la ripresa. Mancano materie prime, carbone e ordini dal mercato sia italiano che estero, ma gli impianti sono stati salvati dalla distruzione e dalle esportazioni in Germania. Problemi strutturali sono l’esuberanza del personale e il malcontento della popolazione per il carovita. Il 25 giugno del 1945 viene stilato l’atto costitutivo dell’Associazione Industriale Lombarda. L’Associazione, costituita da 54 soci fondatori, si insedia con i suoi uffici ricostruiti dopo i bombardamenti del ‘43 a Palazzo Casati Stampa, in Via Torino. All’Associazione di Milano fanno capo solo le aziende della provincia di Milano, nonostante l’attribuzione “lombarda”, avvenuta per contagio delle Acciaierie Falck, anch’esse definite lombarde. Numerosi ed onerosi sono gli impegni che Assolombarda, da poco rifondata, deve affrontare.

1946 Ricostituiti i sindacati Assolombarda

Il principio basilare del rapporto con le imprese: nessuna distinzione tra grandi e piccole

La ricostruzione dei sindacati di categoria all’interno dell’Associazione è uno dei primi adempimenti contemplati nello Statuto originale, approvato dall’assemblea costitutiva del 25 giugno del 1946. Dopo oltre vent’anni le rappresentanze sindacali degli industriali, all’interno di Assolombarda, vengono ripristinate, liberamente elette e divise in settori specifici. Nello stesso anno prende il via la prima iniziativa di solidarietà: le aziende sono invitate a versare ogni anno 100 lire per ogni dipendente, che vanno a confluire in un Fondo a scopo benefico.

1946-1947 Le intese col sindacato

Tensioni e turbamenti in fabbrica: Sesto diventa la ‘Stalingrado’

L’area produttiva sestese diventa l’epicentro delle dispute politiche e sindacali e la massa di 65.000 dipendenti in forza nel periodo della guerra è protagonista dei primi scontri con i rappresentanti dell’industria. Alighiero de Micheli, alla guida di Assolombarda, lamenta l’assenza di “idee per la ricostruzione”. Viene richiesta la modifica del regime dei cambi e degli insopportabili oneri sociali.

1947-1948 La stretta monetaria

Il Governo con la linea Einaudi protegge la lira dall’inflazione

La decisione attuata per la prima volta coglie di sorpresa il sistema economico e crea serie difficoltà. L’avvio della ricostruzione non soddisfa gli industriali che chiedono misure di liberalizzazione. I prezzi al consumo subiscono una flessione e le restrizioni fermano gli investimenti. Sono necessari sedici mesi di trattative per raggiungere l’accordo sul primo contratto dei metalmeccanici.

1948 Duemila industriali a Milano

Dal l° congresso Assolombarda le linee della politica economica

Gli esponenti dell’industria nazionale organizzano il primo appuntamento del dopoguerra, presenti i ministri Tremelloni, Merzagora e Campilli. Alighiero de Micheli lancia un proclama per un “nuovo Risorgimento dell’economia”. Il presidente della Confindustria, Costa, richiama le forze politiche e sociali al rispetto delle leggi sulla libertà di lavoro e d’iniziativa.

1949-1950 L’economia si rianima

Rallenta la crescita produttiva il risanamento delle aziende

La ripresa del dialogo con il nuovo Governo e le Confederazioni sindacali ‘separate in casa’ è faticosa. Una ventina di imprese condannate dal mercato chiude, con il conseguente licenziamento di 29 mila dipendenti in un clima sociale molto teso. Una vera e propria ondata di agitazioni viene promossa dalla Cgil mentre si diffonde la ‘non collaborazione’.

1951-1953 La crisi coreana

I venti di guerra rallentano la crescita economica italiana

La produzione stenta a decollare, il mercato interno è sempre debole e le esportazioni anziché aumentare diminuiscono. Gli industriali sono contrari alla svalutazione della lira. Si aprono nuovi spiragli nel 1951, consolidati nel 1952 e nel 1953 dopo la conclusione delle ostilità in Oriente.

1956 Il ‘patto’ delle delusioni

Difesa delle libertà economiche: nasce a Roma la “Confintesa”

Viene sottoscritto l’accordo fra Confindustria, Confcommercio e Confagricoltura per istituire in tutte le province i “Centri” con l’obiettivo di accelerare il processo di chiarificazione dei rapporti con le forze politiche. L’obiettivo è quello di eleggere rappresentanti dei settori economici nei consigli comunali. I deludenti risultati sono riconosciuti dal Presidente di Assolombarda Furio Cicogna. Con l’intesa che modifica l’impianto originale dell’accordo del 1948 e l’inserimento di nuovi istituti, con sensibili miglioramenti economici, si mettono in moto nuovi problemi dopo un lungo periodo di tregua. Secondo il giudizio di Assolombarda, “...l’apertura di un fronte di trattativa nelle singole imprese porterà inevitabilmente forti sperequazioni salariali”.

1959 2° congresso Assolombarda

L’industria del Nord disponibile ad aprire il dialogo con il Sud

Dieci anni di ricostruzione e di ripresa hanno ricostituito il tessuto produttivo e rinvigorito lo spirito di iniziativa, malgrado le scoraggianti politiche governative a sostegno dell’industria di Stato. Si apre la fase dell’inserimento del processo di industrializzazione nelle aree oppresse, in sintonia con la crescita dei rapporti nell’ambito del Mec.

1960 Il grande balzo

Aumenti record della produzione annunciano il ‘miracolo italiano’

Con un aumento del 10,3% rispetto al 1959, l’industria sviluppa una linea di forte incremento, favorita dal boom dell’edilizia e dalla formazione di nuovi mercati di beni di consumo durevoli e di investimento. In campo sindacale le iniziative salgono di tono e si afferma la linea di sincronizzare la marcia dei contratti nazionali con quelli aziendali.

1961-1962 La “costola” dei meccanici

Vertenza degli ‘elettromeccanici’: prima grande contesa sindacale

La proposta dei sindacati di ‘riformulare’ le condizioni dei dipendenti del settore regolato da un contratto nazionale apre una breccia nel baluardo consolidato della contrattazione collettiva a carattere nazionale: epicentro della vertenza è l’area milanese. Si nota il comportamento anomalo delle aziende Intersind, che hanno privilegiano un’intesa separata.

1962 L’anno dei primati

Aumenti record della produzione: in forte crescita l’occupazione

Milano e la Lombardia guidano lo sviluppo del Paese. Si affermano i prodotti e le macchine made in Italy. Furio Cicogna, chiamato a Roma a succedere al presidente Costa, cede la guida di Assolombarda a Emanuele Dubini. I sindacati sono in prima linea: i metalmeccanici chiedono consistenti aumenti. Nasce il centro-sinistra a Milano.

1963 Pericolo di inflazione

Il ‘boom’ trascina i consumi oltre il livello di guardia e Assolombarda si trasferisce nella sede attuale

Mentre le cronache diffondono l’immagine di un Paese con un’economia in grande salute, nascono i primi timori di contraccolpo. Gli economisti più avveduti prospettano il pericolo di un’ubriacatura del mercato. L’ondata di benessere mai conosciuta scatena la polemica sulla ‘società opulenta’. Le spese per i consumi superano largamente la crescita dei salari. Nel febbraio del ‘63 Assolombarda si trasferisce nella sede attuale, in Via Pantano al 9.

1964 Lo scivolone dell’economia

Aumentano i costi di produzione e l’economia rallenta la corsa

Le contraddizioni di un sistema economico colpito da inflazione di costi e da un forte aumento dei prezzi al consumo pongono in grave pericolo il potere d’acquisto della moneta. L’arresto della curva di crescita della produzione è accompagnato dal ristagno dell’occupazione. Si accende il dibattito fra le parti sociali sull’ipotesi di una “politica del redditi”.

1966-1967 La ‘ripresina’

Il regime dei costi italiani non regge il confronto europeo

Il Presidente Dubini richiama al rispetto delle regole della Comunità: applicando gli ultimi due abbattimenti daziari, previsti dal trattato di Roma, si apre la strada alla completa liberalizzazione degli scambi. Viene proposta un’intesa tra Governo, imprenditori e sindacati per attuare una programmazione coordinata rispettando le compatibilità di bilancio.

1968 Il 1° autunno caldo

Prova di forza del sindacato. Obiettivo: potere in fabbrica

Andamento regolare della produzione, prezzi stabili, inflazione contenuta e avvio della ‘programmazione contrattata’ fanno da sfondo alle proposte della Cisl per un ‘codice’ degli scioperi: il nuovo anno si annuncia tranquillo. Il vento della ‘contestazione’, invece, a primavera scatena un’ondata di scioperi per le richieste di forti aumenti e la riduzione degli orari di lavoro.

1969 Il 2° autunno caldo

Il ‘gatto selvaggio’ in fabbrica scatena agitazioni e disordini

Nulla lascia presagire, alla fine del 1968, che i fermenti innovatori che nel 1969 avrebbero animato il sindacato si sarebbero saldati con gli obiettivi velleitari del movimenti extraparlamentari. Duro è il commento di Assolombarda: “il metodo della diffusa violenza come arma di persuasione per inasprire le vertenze non doveva essere accettato dai sindacati democratici”.

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