Previsioni PIL 2024 e 2025 a confronto
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Le attese di crescita del PIL mondiale sono intorno al 3% sia per il 2024 e 2025, mentre si mostrano più basse per l’area euro e per l'Italia: nel nostro Paese PIL previsto tra +0,6% e +0,8% nel 2024, tra +0,8% e +1,1% nel 2025.
Nonostante le politiche restrittive delle banche centrali per ridurre l’inflazione, l’economia mondiale ha retto bene nei primi trimestri del 2024, con le stime che vanno da +2,9% a +3,2% in media d’anno, e si prevede continuare su questo trend nel 2025 (anche in questo caso le proiezioni sono sostanzialmente allineate, tra +2,8% e +3,2%). La generale “tenuta” dell’economia globale maschera andamenti
divergenti tra i principali Paesi: se gli Stati Uniti hanno continuato a sorprendere al rialzo, l’area euro stenta a mostrare una crescita sostenuta, anche se le previsioni per il 2025 (+1,0%/+1,3%) sono più rosee rispetto all’anno in corso (+0,7%/+0,8%). L’andamento dell’Italia dovrebbe seguire quello dell’eurozona, diventando leggermente più vivace nel 2025 (+0,8%/+1,1%), mentre è ancora incerta la chiusura del 2024: se le principali previsioni spaziano tra +0,6% e +0,8%, la stima preliminare appena rilasciata da Istat delinea una stagnazione nel terzo trimestre che rende più difficile raggiungere questi tassi di crescita.
L’economia globale ha tenuto nonostante gli sforzi, quasi conclusi, per abbattere l’inflazione
L’economia globale nel 2024 si è dimostrata resiliente, per certi versi in maniera sorprendente, date le politiche restrittive delle banche centrali che, nonostante i primi tagli, continuano a caratterizzare la maggior parte dei Paesi avanzati e non solo. Come sottolinea l’IMF, infatti, la “battaglia” contro l’inflazione è ormai quasi conclusa, mentre il PIL dell’economia mondiale si dovrebbe mantenere su una traiettoria intorno al +3% sia nel 2024 che nel 2025. Le previsioni sono sostanzialmente allineate intorno a questo livello di crescita e vanno da quelle più conservative di REF ricerche (+2,9% nel 2024 e +2,8% nel 2025) a quelle più ottimistiche di IMF e OECD (+3,2% in entrambi gli anni).
Punti di forza e rischi al rialzo
Tra i principali fattori che spiegano lo scenario di crescita dell’economia globale, c’è l’inflazione che recede, anche grazie ai costi delle materie prime energetiche che sono in fase calante. Questo sta portando a un irrobustimento dei salari reali e del potere d’acquisto che spingeranno i consumi delle famiglie. Nel 2024, questa dinamica ha caratterizzato in special modo gli USA, mentre si prevede possa prendere vigore nell’eurozona nel prossimo biennio: la gran parte dei Paesi europei vede ancora un sentimento di prudenza nelle famiglie, che al momento mostrano un’alta propensione al risparmio nonostante il recupero dei redditi reali.
Le politiche monetarie espansive che accompagneranno il rientro dell’inflazione spingeranno ulteriormente i consumi e gli investimenti delle imprese. Politiche espansive, anche di carattere fiscale, che dovrebbero aiutare l’economia cinese, finora retta soprattutto dalle esportazioni. Considerando il lato della produzione a livello globale, la spinta arriva principalmente dal settore dei servizi, che hanno subito meno la fase di rincaro delle materie prime energetiche e gli alti tassi d’interesse. Dall’altro lato, le proiezioni vedono una ripresa dell’industria solo dal prossimo biennio, che porterebbe con sé anche un recupero del commercio mondiale.
Tra i cosiddetti “rischi al rialzo”, emerge l’implementazione di riforme strutturali, con particolare riferimento al piano di ripresa NextGenerationEU, che, se implementato con successo, darebbe un’accelerazione alla crescita europea nel medio termine.
Punti di debolezza e rischi al ribasso
Se è vero che banche centrali quali BCE e FED hanno intrapreso i primi tagli, è anche vero che in questa fase i tassi d’interesse reali restano elevati e le condizioni finanziarie potrebbero risultare restrittive ancora per un certo periodo. A livello settoriale, la stagnazione della manifattura sta rappresentando uno degli ostacoli più significativi alla crescita, soprattutto nell’eurozona e nella sua economia
trainante, la Germania.
La ripresa del commercio mondiale potrebbe essere ostacolata da politiche protezionistiche e dall’innalzamento di nuove barriere tariffarie. Questo aspetto si lega strettamente all’esito delle elezioni presidenziali negli USA, che di per sé costituiscono un forte elemento di incertezza negli sviluppi dell’economia globale. A questa incertezza, si aggiunge il perdurare dei conflitti in Ucraina e
in Medio-Oriente e in generale delle tensioni geopolitiche che possono influenzare i prezzi e le catene di fornitura internazionali.
Nonostante un primo accenno di politiche espansive, la Cina continua a soffrire per la crisi del settore immobiliare e per la bassa fiducia dei consumatori. Al contrario, uno dei principali “rischi al ribasso” per i Paesi avanzati è un’inversione di tendenza nelle scelte fiscali e di bilancio, che, dopo anni di politiche espansive, cercheranno di consolidarsi e diverranno restrittive.
L’Italia va in scia all’eurozona, ma resta su prospettive di crescita deboli, appena al di sopra dell’1% negli scenari più ottimisti per il 2025
L’economia del nostro Paese è e sarà influenzata dalla maggior parte dei fattori sopra descritti, tra cui in breve: i consumi delle famiglie spinti dal recupero dei salari reali, un contributo positivo dalla domanda estera e dalle esportazioni, il buono stato di salute dei servizi che contrasta con la debolezza della manifattura, il cambio di orientamento delle politiche di bilancio.
Alcuni elementi peculiari che influenzano le stime per l’Italia sono l’incertezza circa il completamento delle opere previste dal PNRR, la crisi del settore automotive e della relativa filiera (che dipende fortemente dall’economia tedesca) e il venir meno degli incentivi all’edilizia (che porteranno a un inevitabile indebolimento degli investimenti in abitazioni).
Le previsioni per il 2024 sono così comprese in una forbice che va dal +0,6% al +0,8%. Le divergenze tra i principali previsori non dipendono unicamente da fattori economici, ma anche da questioni statistico-contabili: alcune stime, infatti, non incorporano ancora le ultime revisioni operate da Istat sui conti nazionali, che hanno portato a un peggioramento di 0,2 punti percentuali nella variazione acquisita per l’anno in corso.1
La recente stima dell’Istat ha rilevato una stagnazione del PIL italiano nel terzo trimestre del 2024.2 Questo dato, seppur preliminare, rende più complicato il raggiungimento del “traguardo” indicato dal Piano strutturale di bilancio (+1,0%) che era stato recentemente validato dall’Ufficio parlamentare di bilancio (UpB), al netto della decurtazione dei 0,2 punti percentuali di cui
sopra a causa delle revisioni Istat.
Le prospettive sono leggermente più rosee per il 2025, e vanno da un +0,8% (IMF, REF ricerche e Prometeia) a un +1,1% (OECD).
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1 Le stime differiscono anche per un’altra ragione tecnica, ovvero per la depurazione o meno dei dati dall’effetto del diverso numero di giorni lavorativi.
2 La stima è stata pubblicata da Istat il 30 ottobre, e non è quindi incorporata in alcuna delle previsioni riportate in questa nota.
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