Osservatorio fallimenti e rischio di credito - settembre 2020

Osservatorio Assolombarda - Cerved su fallimenti e rischio di credito delle imprese lombarde nel confronto regionale.

Nei primi nove mesi del 2020 i fallimenti in Lombardia sono quasi dimezzati (-42,9%) rispetto allo stesso periodo del 2019. Il crollo è dovuto alla temporanea sospensione dell’operatività dei tribunali nel periodo marzo-giugno e alla dichiarazione di improcedibilità dei fallimenti prevista dal Decreto Liquidità in vigore fino al 30 giugno. La Lombardia ha registrato il maggiore decremento tra le regioni benchmark, in particolare nelle costruzioni e nel manifatturiero dove il calo è stato rispettivamente del -48,6% e del -43,6%. Soltanto il Veneto si avvicina, evidenziando un calo dei fallimenti nel manifatturiero pari al -45%, mentre per Piemonte (-25%) ed Emilia-Romagna (-21,3%) le diminuzioni sono più contenute, seppur importanti.

Nel Decreto Liquidità sono presenti anche alcuni provvedimenti sul fronte del contenimento delle liquidazioni volontarie. Nei primi sei mesi del 2020, in Lombardia sono stati avviate 5 mila procedure nel primo semestre 2020, -19,4% rispetto ai primi sei mesi del 2019. Nelle altre regioni benchmark si osserva una riduzione più ampia (soprattutto in Piemonte, pari al -41,3%).

I tempi di pagamento medi delle imprese lombarde sono pari a 73,2 nei mesi gennaio-settembre 2020, in aumento rispetto ai 72,1 giorni dello stesso periodo nel 2019. L’incremento è dovuto a una crescita dei giorni medi di ritardo, da 10,4 a 12,6.

Il confronto regionale evidenzia tempi di pagamento più rapidi in Veneto (68,8 giorni) e più lenti in Piemonte (74,4) e in Emilia-Romagna (74,6 giorni).

A livello settoriale la Lombardia registra un aumento dei tempi di liquidazione nei servizi (da 66,3 nei primi nove mesi del 2019 a 70,2 nello stesso periodo 2020), mentre si osserva un calo dei giorni nell’industria (da 81,3 a 79,3) e nelle costruzioni (da 82,7 a 79,2). Tuttavia, in tutti e tre i comparti aumentano i giorni di ritardo medi.

Sul fronte dimensionale, nei primi nove mesi del 2020 si osservano tempi di pagamento in aumento in Lombardia per le altre classi dimensionali. In particolare, nelle micro e piccole imprese i tempi complessivi di pagamento aumentano mediamente di 2 giorni e quelli medi di ritardo di 3 giorni.

L’incidenza dei gravi ritardi è in forte aumento in tutte le regioni benchmark: in Lombardia si passa da 3,6% nel terzo trimestre 2019 a 5,8%; in Piemonte da 4,9% a 6,9%; in Emilia-Romagna da 3,8% a 5,7% e in Veneto da 3,3% a 5,2%.

In questa edizione è stato inserito un ulteriore indicatore relativo ai mancati pagamenti delle PMI. Dopo un intenso aumento tra gennaio e maggio 2020 in tutte le regioni, l’incidenza dei mancati pagamenti sullo stock di fatture ha poi registrato una forte riduzione a settembre 2020. In Lombardia l’incidenza a settembre è pari al 28%, percentuale che risulta la più elevata tra le regioni benchmark.

Il Cerved Group Score (CGS) stima - nello scenario base - una percentuale di imprese lombarde con grado di default molto basso o contenuto pari al 58,2% nel 2020 (nel pre-Covid era pari al 67,4%). Tale quota è più bassa in Emilia-Romagna (54,7%), mentre è più elevata in Piemonte e in Veneto (rispettivamente 59,4% e 59,3%). In Lombardia, le imprese in area di vulnerabilità rappresentano il 29,6% (23,7% nel pre-Covid) del totale e quelle a rischio default sono pari al 12,2% (8,8% nel pre-Covid). Nello scenario alternativo ‘worst’ la quota di imprese lombarde in area di sicurezza/solvibilità scende al 52% e cresce l’incidenza delle imprese in area di vulnerabilità (32,2%) e di quelle a rischio default (15,8%).

A livello settoriale, le costruzioni soffrono in modo particolare in Lombardia: le imprese con grado di default molto basso o contenuto sono il 43% nello scenario base, ma scendono al 31,5% nello scenario worst.

Sul fronte dimensionale, è la classe ‘micro imprese’ ad avere la maggiore incidenza di imprese in area di vulnerabilità (31,0%) e a rischio default (12,8%) nello scenario base. All’opposto, le grandi imprese vedono una quota molto più ridotta (17,0% in area di vulnerabilità, 6,0% a rischio default).

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