L'Italia nell'economia internazionale

Rapporto annuale ICE 2017-2018.

In sintesi. 

L’ICE ha presentato il rapporto annuale «L’Italia nell’economia internazionale» 2017-2018. L’analisi comprende quest’anno un focus su politiche commerciali e accordi di libero scambio.

L’andamento del commercio e degli investimenti esteri

La ripresa dell’economia mondiale ha stimolato nel 2017 un’accelerazione degli scambi di beni e servizi. Le stime del Fondo Monetario Internazionale prevedono un andamento simile anche per il 2018-19, ma si tratta comunque di tassi sensibilmente inferiori a quelli del ventennio precedente alla crisi globale. I primi dati relativi al 2018, anche a livello italiano, confermano questo rallentamento della crescita dei flussi commerciali, sulla quale pesano, da un lato il rallentamento della crescita delle catene globali del valore (GVC) che deriva dal riposizionamento dei paesi emergenti all’interno delle filiere produttive e, dall’altro, l’incertezza legata ai segnali di un ritorno a variegate forme di protezionismo.

Nel 2017, il commercio mondiale di beni è in forte aumento rispetto al 2016 (+10,6%) dopo due anni di continue flessioni. Risulta in crescita anche il valore nominale dell’interscambio mondiale di servizi (+7,5%).

Gli investimenti diretti esteri registrano una decisa diminuzione (-23,4%). Il dato risulta, comunque, in flussi in linea con quelli degli ultimi 10 anni. Tale dato, infatti, è molto sensibile alle operazioni di M&A, le quali hanno toccato valori particolarmente elevati nel 2016 tra i paesi sviluppati.

L’Italia registra nel 2017 una crescita sostenuta del valore in euro sia delle merci esportate (+7,4%) sia di quelle importate (+9,0%). Queste dinamiche determinano una riduzione dell’avanzo commerciale (2,2 miliardi in meno rispetto al 2016), che nel 2017 raggiunge i 47,4 miliardi di euro. Al netto dei prodotti energetici, l’attivo commerciale è di 81,0 miliardi di euro, con un ampio incremento sul 2016 (+4,5 miliardi).

Nel 2017, risultano in crescita sia le esportazioni nazionali di servizi (+8,4%) sia le importazioni (+9,3%). I flussi di investimenti netti diretti all’estero, misurati in euro, sono diminuiti in misura molto marcata (-52,3%) mentre quelli in Italia risultano sostanzialmente stazionari (-0,1%).

Germania e Francia si confermano nel 2017 i principali mercati di sbocco delle vendite di merci, con quote pari, rispettivamente, al 12,5% e al 10,3% delle esportazioni nazionali. Gli Stati Uniti si collocano al terzo posto tra i paesi partner, con una quota del 9,0%. Tra i principali paesi, i mercati di sbocco più dinamici nel 2017 (incremento della quota sulle esportazioni nazionali pari o superiore a 0,2 punti percentuali rispetto al 2016) sono Cina, Stati Uniti e Russia.

Gli scambi commerciali italiani con la Cina sono cresciuti nel 2017, con un incremento del 22,2% delle esportazioni e un aumento del 4% delle importazioni. Il numero di operatori italiani attivi nell’export sul mercato cinese è pari a 18.555 unità.

Un settore caratterizzato da una performance particolarmente brillante è il settore farmaceutico, primo in Europa per dimensioni e che esporta l’80% della produzione. Si noti che la crescita del settore è dovuta interamente alla crescita delle esportazioni.

A livello nazionale, la provenienza territoriale delle vendite sui mercati esteri si conferma fortemente concentrata nelle regioni del Centro-Nord, da cui proviene l’88,1% delle esportazioni nazionali, mentre il Mezzogiorno attiva il 10,5% delle vendite sui mercati internazionali.

Lo sviluppo futuro del commercio e degli investimenti esteri dipenderà dall’interazione di diversi fattori tra cui, da un lato, la spinta all’apertura internazionale sostenuta da accordi di libero scambio (come quelli promossi dalla UE), dall’altro, dalla crescente incertezza suscitata dalle tendenze protezionistiche che si affacciano sui mercati sotto forma di barriere tariffarie e, soprattutto, non tariffarie.

Le imprese esportatrici

Nel 2016, sono attive 195.745 imprese esportatrici: nel 45,1% dei casi si tratta di imprese manifatturiere (con un peso dell’82,8% sul valore complessivo delle esportazioni delle imprese industriali e dei servizi), nel 41,0% sono imprese commerciali e nel 13,9% dei casi imprese che operano in altri settori.

Sempre nel 2016, le grandi imprese esportatrici (1.952 unità con almeno 250 addetti) hanno realizzato il 46,6% delle esportazioni nazionali, le medie imprese (50-249 addetti) il 29,6% e le piccole imprese (meno di 50 addetti) il 23,9%.

A parità di classe dimensionale, le imprese esportatrici mostrano una propensione all’innovazione nettamente superiore a quella delle imprese orientate al solo mercato interno. Lo stesso trend si osserva riguardo al livello di digitalizzazione, nettamente più alto tra le imprese esportatrici.

Nella fase di ripresa (2014-2017) la crescita dimensionale delle imprese esportatrici appare trainata dalla qualità del capitale umano, dai livelli di produttività e da strategie innovative complesse.

Un’indagine mostra come le imprese già presenti all’estero considerino tra le misure di sostegno pubbliche potenzialmente idonee a favorire l’eventuale rientro di attività produttive in Italia la riduzione della pressione fiscale (83% degli intervistati), eventuali riforme del mercato del lavoro (78%) e incentivi alle scelte localizzative (75%). 

 

Il report completo è disponibile al link: report completo

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