Le previsioni del CSC: +3,4% il PIL italiano nel 2022, crescita zero nel 2023
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Rapporto di previsione Centro Studi Confindustria
Secondo il CSC, nel 2022 l’andamento del PIL italiano si profila più favorevole delle attese, con un incremento annuo del +3,4% (+1,5 punti percentuali rispetto allo scenario delineato in aprile). Nel 2023, invece, la crescita è prevista essere nulla con una significativa revisione al ribasso (-1,6 punti).
Lo shock energetico abbatte le prospettive di crescita e fa aumentare i costi di produzione delle imprese italiane: nel 2022 i costi energetici sfioreranno il 10% dei costi di produzione, pari a 110 miliardi in più in bolletta.
Di seguito le principali evidenze del Rapporto di Previsione presentato dal CSC in data 8 ottobre 2022.
Nel 2022 la crescita del PIL italiano è sopra le aspettative (+3,4%), mentre nel 2023 è prevista essere nulla
Secondo il Centro Studi di Confindustria, nel 2022 l’andamento del PIL italiano si profila più favorevole delle attese, con un incremento annuo del +3,4% (+1,5 punti percentuali rispetto allo scenario delineato in aprile). Nel 2023, invece, la crescita è prevista essere nulla con una significativa revisione al ribasso (-1,6 punti).
L’inflazione si attesterà al +7,5% per poi ridursi parzialmente (+4,5%) il prossimo anno (per l’effetto meccanico di un prezzo del gas ipotizzato fermo nell’orizzonte previsivo), ma su valori ancora doppi rispetto all’obiettivo della Banca Centrale.
I consumi sono previsti in calo nella seconda metà del 2022, per poi rimanere sostanzialmente piatti nel 2023 (-0,1%) a causa di prezzi alti e riduzione del potere d’acquisto delle famiglie. Alla fine dell’orizzonte previsivo, i consumi saranno del -3,0% sotto i livelli del 2019.
Gli investimenti delle imprese sono attesi perdere slancio. Tra i principali fattori frenanti, si evidenzia anche il rialzo dei tassi e il loro impatto sul costo del credito. Infatti, l’aumento dei tassi pagati dalle imprese sembra già essere iniziato: 2,01% a luglio per le PMI (da 1,74% a gennaio), 1,01% per le grandi (da 0,76%).
L’export di beni e servizi, dopo una espansione a doppia cifra nel 2022 (+10,3%), rallenterà bruscamente nel 2023 (+1,8%), a causa della significativa frenata della domanda internazionale nell’ultima parte del 2022 e nel prossimo anno soprattutto nei principali mercati di sbocco delle merci italiane (Europa e Stati Uniti).
Dopo una crescita a un ritmo superiore al PIL nella prima metà del 2022, la dinamica dell’occupazione (ULA) è attesa diventare negativa tra l’autunno e l’inverno. In media nel 2023 le ULA rimarranno quasi ferme (-0,1%), sebbene nella seconda parte dell’anno sia prevista una ripresa.
Le ipotesi alla base dello scenario di previsione del CSC:
- Invasione dell’Ucraina: la Russia non si ritira dai territori ucraini occupati e la tensione con l’Occidente rimane elevata; l’ipotesi tecnica è che le conseguenze economiche del conflitto rimarranno in campo per tutto l’orizzonte previsivo senza scendere né salire di intensità.
- Sanzioni: rimangono inalterate sia da parte dei paesi occidentali che viceversa, ma non se ne aggiungono di nuove.
- Prezzo del gas: il prezzo in Europa resta ai livelli altissimi registrati nella prima metà di settembre (204 euro/ mwh) per gli ultimi mesi del 2022 e poi fino a fine 2023.
- Carenza di gas: lo scenario esclude la carenza e il razionamento di gas in Italia.
- Covid: l’aumento dei contagi non è fronteggiato con nuove restrizioni e ha un impatto nullo sull’economia.
Ipotizzando invece un prezzo del gas superiore in modo duraturo ai valori del picco toccato in agosto (330 euro/mwh, per esempio nel caso di blocco dell’import dalla Russia) l’impatto addizionale sul PIL sarebbe di -0,3% nel 2022 e -1,2% nel 2023 (rispetto allo scenario base); viceversa, se si riuscisse a imporre un tetto di 100 euro al prezzo del gas, il PIL guadagnerebbe il +0,1% nel 2022 e il +1,4% nel 2023.
I costi energetici delle imprese italiane nel 2022 sfioreranno il 10% dei costi di produzione, pari a 110 miliardi in più in bolletta
Secondo le stime del CSC, i costi energetici arriverebbero a incidere per il 9,8% sul totale dei costi di produzione dell’intera economia, rispetto al 4,6% del pre pandemia (media 2018-2019). In euro, i maggiori costi energetici si tradurrebbero in un aumento della bolletta annuale per l’intera economia italiana pari a circa 110 miliardi (in più rispetto alla bolletta energetica pre-pandemia, di quasi 87 miliardi).
Per la sola manifattura, l’incidenza dei costi energetici sul totale dei costi si stima essere pari al 9,0%, con un aumento nella bolletta annuale di 43 miliardi di euro (in aggiunta rispetto alla bolletta energetica pre-pandemia, di oltre 30 miliardi).
Nel dettaglio, i settori maggiormente colpiti risulterebbero di gran lunga la metallurgia (l’incidenza dei costi energetici potrebbe sfiorare il 26% alla fine del 2022) e le produzioni legate ai minerali non metalliferi (20%). Seguono le lavorazioni del legno, la gomma-plastica e la produzione di carta (13%, 11% e 10% rispettivamente).
Il report completo è disponibile al seguente LINK.
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