Le relazioni economiche con gli USA della Lombardia
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Le relazioni economiche con gli USA della Lombardia: terzo partner commerciale, sono il mercato di destinazione dell’8,7% dell’export lombardo
Le esportazioni lombarde verso gli USA valgono 14,2 miliardi nel 2023, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa, e il surplus commerciale è pari a 9,4 miliardi, circa il 2,1% del PIL lombardo. In termini di presenza americana nel tessuto produttivo lombardo, sono 1.400 le imprese a partecipazione statunitense, ovvero il 20% circa delle imprese a partecipazione estera in regione. Da questi numeri è chiara la forte interconnessione tra Lombardia e USA. Ancora incerti, invece, sono gli impatti economici che le politiche commerciali della nuova amministrazione Trump produrranno sulle imprese del territorio.
Negli ultimi dieci anni le esportazioni lombarde verso gli Stati Uniti sono quasi raddoppiate
Con l’elezione di Donald Trump come 47° Presidente degli Stati Uniti si discute su quali potrebbero essere gli effetti di eventuali nuovi dazi commerciali. Durante la campagna elettorale, Trump ha dichiarato di voler implementare una politica tariffaria aggressiva, con dazi del 60% su tutti i beni cinesi e del 10% o 20% su tutte le importazioni provenienti dal resto del mondo.
Quanto sono esposte le imprese lombarde?
Le esportazioni lombarde verso gli Stati Uniti sono state pari a 14,2 miliardi di euro nel 2023, l’8,7% del totale export lombardo. Con questa cifra, gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale extra-europeo della Lombardia e il terzo a livello globale, dopo Germania e Francia. Nelle province di Assolombarda, la quota di export raggiunge il 9,5%.
Negli ultimi dieci anni le esportazioni lombarde verso gli USA sono quasi raddoppiate, da 7,3 miliardi nel 2014 a 14,2 miliardi nel 2023 (Grafico 1). Nello stesso periodo, le esportazioni totali lombarde hanno registrato una crescita inferiore, seppur anch’essa sostenuta, pari a circa il +50%.
I cinque settori manifatturieri più rappresentativi delle esportazioni lombarde verso gli USA sono meccanica (21,1%), moda (15,0%), metalli (12,8%), farmaceutica (9,9%) e chimica (9,1%), seguiti da apparecchiature elettriche (7,4%) e alimentare (7,1%) (Grafico 2). Nel confronto con le vendite estere totali della Lombardia, si nota una maggiore esposizione verso gli USA nella meccanica (17,8% il peso del settore sul totale dell’export lombardo), nella moda (11,6%) e nella farmaceutica (6,1%).
In termini di bilancia commerciale, nel 2023 la Lombardia presenta un surplus nello scambio di beni con gli USA di 9,4 miliardi di euro, un valore più che raddoppiato rispetto a un decennio fa (4,6 miliardi nel 2014). Si tratta di una cifra importante, quantificabile in circa il 2,1% del PIL lombardo.
In Lombardia le imprese a partecipazione statunitense sono 1.400, il 20% circa delle imprese a partecipazione estera
In aggiunta agli scambi commerciali, l’interconnessione con gli Stati Uniti si misura anche quantificando la presenza americana nel tessuto produttivo del territorio. In Lombardia, sul totale delle imprese a partecipazione estera, una su 5 è a partecipazione statunitense. Si tratta di 1.400 imprese che occupano oltre 200 mila addetti, di cui 1.171 imprese sono localizzate nelle province di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia.
Tali imprese hanno un ruolo rilevante negli scambi commerciali del sistema produttivo lombardo e italiano. Osservando, infatti, i flussi di esportazioni attivati dalle imprese localizzate in Italia appartenenti a gruppi multinazionali statunitensi, si nota come nella farmaceutica italiana le sole multinazionali statunitensi rappresentino ben il 46,1% delle esportazioni del settore.
Inoltre, spesso una parte rilevante dei flussi coinvolge il paese di residenza della controllante. A tal riguardo, le imprese in Italia controllate da imprese statunitensi spiegano l’11,7% delle esportazioni di “altri mezzi di trasporto” negli Stati Uniti, l’8,9% dell’export della meccanica e l’8,4% dell’export di gomma e plastica.
Prime valutazioni sull’impatto economico del nuovo mandato Trump
Ad oggi è ancora arduo stimare con precisione gli effetti che produrrà l’agenda politica della nuova amministrazione Trump. Nelle ultime settimane, le ipotesi sugli impatti economici sono state molteplici e spesso divergenti. In generale, i canali di diffusione degli effetti sono principalmente quattro: in primo luogo le politiche commerciali verso un maggiore protezionismo, in secondo luogo l’aumento delle spese per la difesa in Europa, poi le politiche monetarie e infine l’impatto in termini di maggiore incertezza.
Per quanto riguarda le spese per la difesa, i previsori sono concordi nello stimare un impatto positivo ma marginale sull’economia europea, in quanto maggiori investimenti in questo campo attiverebbero solo parzialmente la filiera continentale. Al contrario, la politica monetaria più espansiva della BCE genererebbe uno stimolo positivo sull’economia, anche considerate le politiche più restrittive sul fronte FED. In ultimo, ma non per importanza, l’incertezza viene valutata come la parte più pervasiva sul sistema europeo.
Tra gli istituti più autorevoli, Oxford Economics ipotizza un impatto del -0,5% cumulato sul PIL europeo al 2029, nel caso di un'applicazione piena di quanto annunciato in campagna elettorale. Secondo Goldman Sachs, l’Eurozona potrebbe subire una contrazione del PIL del -0,5% nel medio termine anche in caso di dazi più limitati rispetto alle dichiarazioni di Trump e mirati principalmente alle esportazioni di auto. In particolare, la Germania risulterebbe essere la più colpita (-0,6%), mentre l’Italia la meno esposta (-0,3%).
L’introduzione dei dazi produrrebbe dai 4 ai 7 miliardi di dollari di costo aggiuntivo per le imprese italiane. Meccanica, sistema moda e agroalimentare i settori più colpiti
Con particolare riguardo all’Italia e ai suoi settori manifatturieri, partendo da un valore di dazi fronteggiati pari a quasi 2 miliardi di dollari nel 2023, il costo aggiuntivo del nuovo protezionismo americano stimato da Prometeia sarebbe di oltre 4 miliardi di dollari nel caso di un aumento dei dazi limitato ai prodotti già colpiti e oltre 7 miliardi nel caso di aumenti generalizzati.
Dal punto di vista settoriale, nell’ipotesi di un aumento parziale dei dazi, il sistema moda e l’agroalimentare sarebbero i settori più esposti (sono quelli, del resto, già colpiti nel 2023). Nell’ipotesi di un aumento generalizzato sarebbe invece la meccanica a registrare l’impatto più elevato. (Grafico 3)
Nota: aumento parziale (Scenario A): aumento di 10 punti per solo quei prodotti che già oggi sono sottoposti a dazi e il mantenimento di dazio zero per quelli che sono invece esenti. Aumento generalizzato (Scenario B): aumento tariffario generalizzato di 10 punti per tutti i beni importati dagli Stati Uniti.
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