Internazionalizzazione degli atenei di Milano e della Lombardia

Edizione 2020.

I risultati in sintesi

L’indagine offre un’analisi quantitativa del livello di internazionalizzazione degli atenei lombardi, mettendo a disposizione informazioni sugli studenti internazionali iscritti ai corsi di laurea e post laurea, sui programmi di mobilità internazionale e sull’offerta formativa a carattere internazionale.
Accanto alla rilevazione quantitativa, l’indagine – giunta alla sua decima edizione – è arricchita da un approfondimento qualitativo i cui obiettivi conoscitivi sono:

  • ricostruire le strategie di internazionalizzazione degli atenei e i meccanismi organizzativi che ne assicurano il funzionamento operativo;
  • analizzare la rilevanza delle esperienze internazionali in termini di employability e performance occupazionali dei giovani in uscita dai percorsi universitari;
  • ricostruire i fattori alla base dell’attrattività dell’ecosistema “educativo-occupazionale” milanese e lombardo, anche alla luce della recente crisi legata alla diffusione del Covid-19.

La ricerca ha coinvolto atenei e imprese, i cui punti di vista sono stati raccolti attraverso lo strumento dell’intervista semi-strutturata, individuale o di gruppo, e del focus group. Sono stati intervistati i prorettori o delegati all’internazionalizzazione e i funzionari amministrativi referenti per gli affari e le relazioni internazionali di tutti e 13 gli atenei lombardi. Sono stati condotti due focus group, coinvolgendo 15 persone tra HR manager e referenti di società di intermediazione.

I NUMERI CHIAVE DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEGLI ATENEI LOMBARDI

Il carattere internazionale del sistema universitario lombardo si è ampliato e oggi è evidente nei numeri che lo rappresentano: nell’a.a. 2018-2019 gli studenti internazionali rappresentano il 5,4% degli iscritti, quasi 15.700 giovani, ben l’8% in più rispetto all’anno precedente. Gli studenti lombardi che hanno scelto un’esperienza di studio all’estero aumentano di anno in anno (dal 2,8% al 4,7% in un decennio). Dal lato dell’offerta formativa l’incidenza di corsi in lingua inglese da parte degli atenei lombardi (17%) è quasi il doppio della media nazionale (9%).

L’indagine consente di tracciare un breve profilo degli studenti internazionali che scelgono gli atenei lombardi per il proprio percorso universitario.
Secondo la ripartizione per genere, nell’a.a. 2018-2019 la quota maschile raggiunge il 52,6% (era il 45% nell’a.a. 2014-2015).
Per i corsi di laurea (I livello, II livello e ciclo unico) è possibile osservare la distribuzione degli studenti internazionali nelle diverse discipline. Emerge, come già rilevato nelle precedenti edizioni, una maggiore propensione degli studenti internazionali nello scegliere percorsi STEM e Art rispetto alla media degli iscritti universitari lombardi.

La capacità degli atenei lombardi di attrarre talenti da tutto il mondo è ben evidenziata dai dati dei Paesi di provenienza. Tra gli studenti internazionali 4 su 10 sono di origine asiatica (39,9%) e altrettanti di origine europea (39,8%), in linea con gli anni precedenti.

Nell’a.a. 2018-2019 sono 20.529 gli studenti che hanno partecipato ai programmi di mobilità in entrata e in uscita; un dato che – anno dopo anno – si conferma in crescita: + 7,5% su base annua. Nel dettaglio, 12.616 studenti italiani hanno trascorso un periodo formativo in atenei stranieri (+8,0% rispetto al 2017-2018); le università lombarde, dal canto loro, hanno ospitato 7.913 studenti stranieri (+6,7% rispetto al 2017-2018).

LE STRATEGIE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE DEGLI ATENEI LOMBARDI

Un primo aspetto messo in luce dall’indagine concerne il significato dell’essere un ateneo internazionale:

  • rappresentare per studenti e docenti un “gate” che offre opportunità, ma anche diventare “deposito” di competenze, risorse, reti, persone e progetti in chiave internazionale;
  • competere su un mercato globale: gli atenei lombardi sono molto competitivi per qualità della ricerca e dell’offerta formativa;
  • offrire non soltanto un prodotto, ma anche un servizio a valenza internazionale.

Il processo di internazionalizzazione è definito in modo univoco come ineluttabile, per alcune ragioni principali:

  • cresce il respiro internazionale della produzione scientifica di alto livello (pubblicazioni su riviste internazionali, anche con co-autori internazionali, progetti di ricerca internazionali etc.);
  • al contempo, la didattica è chiamata a formare menti aperte e pronte a entrare in un mercato del lavoro senza confini;
  • infine, il grado di apertura internazionale influisce in misura crescente sul posizionamento dell’ateneo, anche attraverso il sistema dei ranking internazionali.

Nel complesso tutti gli atenei descrivono un grado di internazionalizzazione ormai molto elevato e fortemente favorito dai contesti locali: in particolare, l’atmosfera cosmopolita della città di Milano, ma anche le opportunità e il contesto più raccolto e famigliare delle altre province. Tuttavia, sembrano persistere, agli occhi delle università, alcune importanti condizioni ostative:

  • un Sistema Paese che fatica ad assecondare questa progressiva apertura internazionale;
  • i rigidi requisiti ministeriali che limitano gli spazi di progettazione dei corsi di studio, generando svantaggio competitivo rispetto all’offerta didattica internazionale.

Sotto il profilo dei meccanismi organizzativi, si osserva che le attività dedicate al processo di apertura internazionale degli atenei si sono istituzionalizzate, diventando un marchio distintivo dei piani strategici di ateneo. Parallelamente si è assistito alla formalizzazione di responsabilità, strutture e processi, a partire dalla definizione di ruoli di indirizzo strategico, delegati a livello di aree di contenuto e/o geografiche e dipartimenti e funzioni amministrative dedicate.

Dal punto di vista delle imprese, le esperienze internazionali che figurano nei CV dei giovani candidati assumono rilevanza nei processi di selezione e reclutamento. Le imprese apprezzano, in primo luogo, le ricadute sulla conoscenza della lingua inglese – che non sempre, a detta delle aziende, può darsi per scontata – e sulla dotazione di competenze trasversali. In particolare, le esperienze di maggiore significatività per le imprese sono quelle che consentono ai giovani di sperimentare una vera e propria “full immersion” in un Paese straniero: sia che si tratti di un’esperienza di tirocinio o di lavoro, sia – restando all’ambito squisitamente didattico – che si tratti dell’acquisizione di un double degree o della partecipazione a un master all’estero; esperienze, queste, che sembrano “lasciare il segno” molto più dell’Erasmus. Dunque, aver fatto esperienze internazionali ha un certo peso nei processi di placement, ma le imprese sottolineano che il cosiddetto “global mindset” viene valutato sempre in connessione ad altre competenze (specialistiche) e che la sua rilevanza dipende molto anche dalle caratteristiche dell’azienda, nello specifico la dimensione e il grado di apertura internazionale.

Per gli studenti italiani, l’esperienza internazionale è progressivamente diventata un passaggio fondamentale del percorso formativo, che tende a essere sempre più anticipato. Infatti, l’esperienza all’estero (anche di volontariato internazionale) può generare una maggiore adattabilità, capacità di problem solving, autonomia, resilienza, apertura mentale: competenze trasversali, queste, sempre più ricercate dalle imprese.

Per quanto riguarda gli studenti internazionali che studiano nei nostri atenei, risulta difficile monitorare da vicino i loro percorsi educativi e lavorativi. La maggior parte, infatti, sceglie l’Italia come “trampolino” per poi spostarsi in altri Paesi. Allo stesso tempo, per chi sceglie di rimanere in Italia, risulta cruciale saper esprimersi in italiano, almeno a un livello “soglia”, richiesto da molte imprese.

L’emergenza Covid-19 ha richiesto uno sforzo importante per la gestione della relazione con gli studenti internazionali (si pensi, ad esempio, alla logistica di rientro degli italiani) e, più in generale, dell’incertezza delle prospettive. Malgrado ciò, lo scenario pandemico ha innescato alcuni importanti mutamenti in termini di attrattività e di approccio strategico-organizzativo:

  • le iscrizioni degli studenti internazionali non hanno subito un calo: la situazione globale sembra, anzi, aver favorito i nostri atenei nella competizione internazionale;
  • l’accelerazione nell’utilizzo delle tecnologie digitali rappresenta sempre più un importante passo avanti;
  • infine, la situazione di incertezza ha stimolato e accresciuto le occasioni di scambio e confronto tra gli atenei, in particolare nel nostro caso tra i prorettori all’internazionalizzazione: un capitale relazionale da preservare e far crescere ulteriormente.

Infine, la ricerca evidenzia alcuni punti di riflessione in termini di policy:

  • il processo di internazionalizzazione può essere letto come un moto di ritorno alle origini, all’idea di “universitas”: una comunità intenta a far avanzare la conoscenza che oggi non può che essere globale;
  • il sistema lombardo degli atenei ha una buona maturità, dal punto di vista del grado di apertura internazionale, con un chiaro trend di consolidamento e crescita: il territorio – Milano, in particolare – rappresenta un acceleratore-chiave del processo;
  • anche sul fronte dell’internazionalizzazione, si aprono spazi di collaborazione università-impresa: gli atenei sono interessati a investire in collaborazioni internazionali che, sia per area geografica, sia per ambiti disciplinari, risultino coerenti con i flussi commerciali e le vocazioni industriali dei loro territori di riferimento. Questa operazione di sintonizzazione dei processi di internazionalizzazione di atenei e imprese locali è facilitata dalla collaborazione con le associazioni industriali.

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