Il rapporto annuale 2020 Istat - la situazione del Paese

Report annuale Istat.

In sintesi

La mortalità ai tempi del Covid-19 e il Sistema Sanitario Nazionale (SSN)

Con circa 240 mila contagiati e poco meno di 35 mila decessi, l’Italia è stato uno dei primi Paesi ad essere colpito dall’emergenza sanitaria Covid-19; in termini di mortalità gli incrementi percentualmente più marcati si sono registrati in Lombardia, seguita da Emilia-Romagna, Trentino Alto-Adige e Valle d’Aosta. L’eccesso di mortalità più consistente si è rilevato tra gli uomini settantenni e ottantenni, per i quali i decessi cumulati dal primo gennaio al 30 aprile 2020 sono aumentati di oltre il 52% rispetto alla media dello stesso periodo 2015-2019 (una percentuale più elevata del 26% nella fascia 50-59 anni). Da alcuni scenari, disegnati da Istat sulla base dei dati di mortalità del 2020, si prevede un’improvvisa inversione di tendenza nella tradizionale crescita dell’aspettativa di vita nel nostro Paese. Si tratta di una variazione limitata a qualche mese in meno su base nazionale, ma che in alcune realtà locali (Bergamo, Piacenza, Cremona, Brescia, Aosta, Sondrio, Lodi, Parma e Lecco) si trasforma nella perdita di più anni di vita residua.
Il nostro SSN è stato interessato da un forte ridimensionamento sul piano delle risorse. In particolare, dal 2010 al 2018 in media annua la spesa sanitaria pubblica è aumentata solo dello 0,2% e il numero di posti letto è diminuito dell’1,8%. Si è ridotta anche la spesa per investimenti delle Aziende Sanitarie, scesi da 2,4 miliardi del 2013 a poco più di 1,4 nel 2018. A titolo di confronto si consideri che Italia dispone di circa 40 medici ogni 10 mila residenti, inferiori a quelli della Germania (42,5 ogni 10 mila residenti); il personale infermieristico è di 58 per ogni 10 mila residenti (contro i 129 in Germania). L’offerta di posti letto ospedalieri è, nel 2018, di 3,5 posti ogni 1000 residenti (era pari a 6,3 nel 1995), contro gli 8 ogni 1000 residenti in Germania.

imm1 - ssn

I numeri e gli scenari dell’economia

L’emergenza sanitaria ha generato uno shock globale di eccezionale intensità che sta producendo, per l’appunto, una recessione globale:
• Il volume del commercio mondiale di beni, in forte rallentamento nel 2019, ha inizialmente registrato un brusco calo nel primo trimestre (-2,5% congiunturale) e un vero e proprio crollo in aprile (-12%);
• Nel primo trimestre 2020, il blocco parziale delle attività in marzo ha determinato effetti rilevanti, con una contrazione congiunturale del Pil del 5,3% e cadute ancora più marcate dei consumi privati (-6,6% ) e degli investimenti (-8,1%);
• l’indice di produzione industriale è risultato in aprile inferiore di oltre il 42% rispetto a un anno prima e quello delle costruzioni di circa il 68%. La contrazione di entrambi i flussi commerciali con l’estero ha segnato un’ulteriore accelerazione e le esportazioni sono diminuite nel bimestre marzo-aprile di quasi il 30% rispetto agli stessi mesi del 2019.
Secondo la rilevazione condotta dall’Istat a maggio tra gli operatori economici, il 45% delle imprese ha sospeso l’attività, in gran parte a seguito dei decreti del Governo. Meno di un sesto degli operatori, essenzialmente microimprese, ha dichiarato un fatturato nullo nel bimestre marzo-aprile, oltre il 70% ha segnalato una riduzione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (nella buona parte dei casi maggiore del 50%), mentre la restante quota ha indicato stabilità (quasi un decimo) o aumento (appena il 5%, con prevalenza di grandi imprese).

imm2 - pil

Gli effetti dell’emergenza sanitaria si sono fatti sentire anche nel mercato del lavoro. La lunga fase di crescita seppure lenta dell’occupazione che si osservata nel 2019 si è ora esaurita e, dopo il ristagno dell’inizio del 2020, gli occupati hanno registrato, a marzo e ancor più ad aprile, un forte calo (454 mila unità nei due mesi). Le stime provvisorie relative a maggio indicano un rallentamento della discesa dell’occupazione, ma registrano comunque una diminuzione congiunturale di 84 mila unità per un totale di calo di 538 mila occupati in tre mesi, attribuibile soprattutto alla prosecuzione della veloce caduta della componente con contratti a termine.

imm3 - mkt lavoro

Primi segnali di ripresa?

Tuttavia, i dati più recenti indicano qualche iniziale segno di inversione. Il commercio estero extra-Ue di maggio registra un primo significativo rimbalzo delle esportazioni e gli indicatori dei climi di fiducia delle imprese mostrano a giugno una prima risalita rispetto al mese precedente, con miglioramenti più significativi nelle costruzioni e nel terziario e piuttosto parziali nella manifattura, dove si osserva tuttavia un significativo recupero dei giudizi sulle attese di produzione.

Strategie adottate dagli operatori economici

L’Istat ha rilevato le strategie delle imprese a fronte della crisi portata dall’emergenza sanitaria. Da un lato si sono registrate reazioni positive, come la spinta alla modifica o ampliamento dei canali di vendita o di fornitura (14% delle imprese). Un po’ meno diffusa è la strategia di accelerazione della transizione digitale.
Sul versante delle reazioni difensive, è preoccupante che un’impresa su otto esprima l’intenzione di differire o annullare i piani di investimento e che la frequenza aumenti con la dimensione. Un altro segnale sfavorevole è che quasi il 12% delle imprese si orienti verso una riduzione sostanziale dei dipendenti, sebbene la tendenza sia soprattutto diffusa tra le unità di piccole dimensioni.

imm4 - strategie

Criticità

La crisi dovuta all’emergenza sanitaria ha inasprito un insieme di criticità e problemi preesistenti nel tessuto italiano. Preoccupa l’effetto della crisi sulle disuguaglianze in termini di povertà, ma anche nel mercato del lavoro (gli uomini, i giovani di 25-34 anni, il Mezzogiorno e i meno istruiti non hanno ancora recuperato i livelli e i tassi di occupazione del 2008).

Un’altra questione riguarda l’istruzione: l’Italia ha affrontato lo shock della pandemia in una situazione di svantaggio consistente nel confronto con gli altri paesi avanzati, sia in termini di livelli di scolarizzazione che di digital divide. 

Una terza criticità riguarda la persistente bassa fecondità dell’Italia: nel periodo post-Covid la caduta della natalità potrebbe subire un’ulteriore forte accelerazione, poiché la scelta sempre più impegnativa se fare, o meno, un (o un altro) figlio andrà sempre più maturando entro condizioni di insicurezza e di difficoltà, economiche e non solo, sulla cui durata non è ancora dato sapere. Tutto ciò pur nella consapevolezza che il numero di figli che si riescono ad avere in Italia non riflette affatto il diffuso desiderio di maternità e paternità ancora presente nel nostro Paese (resta fermo a due il numero di figli desiderato nella popolazione).

Un ulteriore tema, infine, riguarda lo stato dell’ambiente (emissioni, consumo di materia, mutamento del clima, disponibilità di acqua): si riflette sulla possibilità di rilancio della crescita basato su un nuovo e diffuso approccio di economia circolare.

Il report completo è disponibile al seguente LINK.

 

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